Regia di Fabrizio De Angelis vedi scheda film
Il miglior film di sempre firmato Dardano Sacchetti: la sua carriera di impagabilmente disastroso sceneggiatore potrebbe cominciare e chiudersi qui, e probabilmente sarebbe oggi altrettanto famigerato (se non di più, con il fascino aggiuntivo dell'autore-da-una-sola-opera). Fabrizio De Angelis, il regista di questa ululante baracca scomposta che per convenzione chiamiamo film, è amico di lunga data del Sacchetti, sceneggiatore di tanti, tantissimi involontari anti-film fra poliziottesco, horror e, già meno, commediaccia erotica; lo chiama con una proposta-shock, di quelle da ricovero neurologico: perchè non arrangiare in quattro e quattr'otto - metodo di lavoro ormai consolidato per Sacchetti - una squallida farsuccia adolescenzial-romantica con protagonista quella ragazzina che fa l'oca decerebrata nei quiz tv? Un'idea che, solo una decina di anni dopo, avrebbe potuto creare parecchia confusione: lo stereotipo si sarebbe infatti allargato fino a comprendere una nutrita lista di nomi di veline, showgirls, prezzemoline e via dicendo; ma nel 1995/6 di cui parliamo non c'è alcun dubbio: questo ruolo era solidamente ricoperto dalla sola Ambra. Eccola così all'esordio sul grande schermo, mentre duetta mirabilmente con Enzo Cannavale (Cannavale nonno di Ambra: ora provate ancora a dire che Sacchetti non è un genio), mentre biascica qualche battuta incomprensibile fingendosi un'attrice, mentre sostiene, credendoci, di poter fare la modella per Versace e sposare un figaccione per giunta principe fantastiliardario. Un insulto all'intelligenza - presupposta - del pubblico, uno scherzo di pessimo gusto o addirittura una sublime chicca? Qui si vuole propendere per l'ultima opzione. Perchè la demenza è parte del quotidiano e spesso i film, coscientemente e tendenziosamente, non ce la raccontano; e vedere quanto in basso può arrivare il cinema aiuta comunque anche a comprendere le fatiche necessarie a rendere questo hobby o questo mestiere un'arte. E Favola sta all'arte del cinema come il fantozziano Gigi il troione sta al Gambero d'oro. Talmente leggendario da covincere Damiani a chiamare Sacchetti, costasse quel che costasse, per scrivergli Alex l'ariete (2000), il lancio (in un burrone) della carriera cinematografica di Tomba. 1/10.
Favola d'amore fra una commessa romana che sogna di fare la modella ed un principe ricchissimo e bellissimo a zonzo per Roma.
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