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Il sacrificio del cervo sacro

Regia di Yorgos Lanthimos vedi scheda film

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La recensione su Il sacrificio del cervo sacro

di Furetto60
6 stelle

Singolare, spiazzante e disturbante, ma di rara efficacia tecnica. A cavallo tra il thriller e l'horror

Le musiche solenni di Franz Schubert, che fanno da sottofondo alle trepidanti immagini di  un’operazione a torace aperto, con cuore pulsante, rappresentano come un lugubre presagio, di una storia fosca, dalla piega drammatica e surreale, che travolge la famiglia,del cardiochirurgo Steven Murphy alias Colin Farrell, sua moglie oftalmologa Anna, alias Nicole Kidman, e i loro due figli Kim e Bob. Ciò perché nella loro borghese quotidiana agiatezza, s’introduce un elemento estraneo e destabilizzante, nella persona del sedicenne Martin, inquietante figlio di un uomo probabilmente morto sotto i ferri del chirurgo, sul tavolo operatorio, a causa di una presunta leggerezza, dovuta allo stato di ebbrezza del sanitario. Il ragazzo, all’inizio è timido e schivo, verso le attenzioni che generosamente concede il medico, poi un po’ alla volta la sua presenza prima riottosa ed educata, diventa sempre più invadente ed inquietante circuisce la tenera Kim, invita a casa sua Il chirurgo che deve sottrarsi ad un tentativo di seduzione della madre, infine lancia sulla famiglia e la casa un misterioso maleficio, che causa un’inspiegabile scientificamente, patologia paralizzante, che colpisce entrambi i figli del medico, con la minaccia di estenderla a sua moglie e preannunciandone gli esiti mortali, che Steven potrà evitare solo scegliendo una vittima da “sacrificare” fra i tre, uccidendola egli stesso, ciò per avvicinarsi a quel senso di giustizia evocato  da Martin, in una  farneticante spiegazione, peraltro il concetto sembra più vicino a quello di una“vendetta trasversale”. Ispirandosene alla lontana,il film riprende alcuni temi del mito greco del sacrificio di Ifigenia, la regia trasferisce al tempo presente e in America, gli eventi funesti. Si sente la voce di Steven con naturale freddezza esternare alcune sue considerazioni:” Nel caso di un’operazione finita male, a chi è possibile dare la colpa, al chirurgo o all’anestesista?” “E’ la classica barzelletta che dice: il paziente ha superato benissimo l’operazione, ma per il dottore non c’è più niente da fare” Lanthimos il regista greco di Lobster, immerge gli spettatori in un ambiente simile a quello della clinica di Lobster, allucinato, crepuscolare, inquietante, freddo, con escursioni Kubrickiane lungo corridoi infiniti, con immagini neutrali, colori spenti, il più possibile algidi, contrappuntati da una musica glaciale. Il film è stato premiato al 70° Festival di Cannes per la miglior sceneggiatura ex-aequo con “A Beautiful Day,” Il regista gira una sorta di thriller sui generis, con venature horror. Grottesco e disturbante,provocatorio e ansiogeno, tormentato e spiazzante. Non amo il cinema di questo regista greco, ho trovato sgradevolmente “malato” il suo “ Lobster” e questo non mi sembra da meno, naturalmente il giudizio è del tutto soggettivo e riguarda solo la mia personale percezione e il mio gusto. Tuttavia non si può non riconoscere oggettivamente, che il film in questione, è di spessore, di grande qualità, soprattutto, sul piano tecnico, le riprese sono raffinatissime e accurate. Lanthimos posiziona la macchina da presa sempre su piani sfalsati, rispetto a quelli dei protagonisti, inquadrandoli dall’alto o dal basso, alternando con rara efficacia lentissimi zoom e lunghe carrellate.La telecamera è sistemata il più delle volte in modo volutamente sbilanciato, accentrando il peso visivo a dispetto di ogni regola, talvolta lasciando fuori dal “frame” gli stessi soggetti, quasi fosse disinteressata alle vicende delle persone. Forte di un'evidente carica simbolica, la regia molto sofisticata e “cerebrale” si esprime, attraverso complesse metafore, suggestioni e rimandi. Con “Il Sacrificio del Cervo SacroLanthimos sembra voler amplificare il tratto più ambiguo e oscuro della sua personalità artistica, provando a sconvolgere e a mettere quanto più a disagio possibile lo spettatore.

 

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