Regia di Yorgos Lanthimos vedi scheda film
Lathimos si sposta nei più canonici territori del thriller metafisico: tra la minaccia di una incombente manifestazione del sacro nella desolazione morale di una borghesia in grado di temerlo, ma incapace di comprenderlo (Teorema) e l'ambiguità di una plausibile spiegazione razionale che sembra refrattaria a qualunque risoluzione deterministica.
La benevolenza ed i regali che il cardiochirurgo Steven elargisce all'adolescente Martin, nascondono una scomoda verità che riguarda la professione dell'uomo, la famiglia del ragazzo e le responsabilità che quest'ultimo sembra attribuirgli. Quando la manifestazione di inspiegabili infermità inizia a colpire i due giovani figli del medico, le inquietanti minacce di Martin diventano sempre più concrete e con esse la terribile decisione che Steven dovrà prendere sul destino della propria famiglia.
Ifigenia in Cincinnati
Le ambizioni sono alte, ma gli strumenti spuntati per questo adattamento cinematografico di un soggetto classico che la premiata ditta Lanthimos-Filippou decide di mettere in scena sulla natura del collante che tiene insieme la famiglia borghese, sempre alla ricerca di una esibita teatralità dell'assurdo in cui la lettura nuda e cruda dei fatti rimanda chiaramente ad una significato altro, al senso di una esplicita confessione di intenti che viene messa in bocca al giovane deus ex machina della situazione: " Capisci? E' metaforico. Il mio esempio. E' una metafora. Voglio dire, è simbolico". ...e ce lo siamo capito... Ad essere onesti il problema è esattamente inverso: a differenza del piano puramente allegorico della rappresentazione di una incomunicabilità umana e delle disfunzionalità familiari delle opere precedenti, Lathimos si sposta nei più canonici territori del thriller metafisico che oscilla tra la minaccia di una incombente manifestazione del sacro nella desolazione morale di una borghesia in grado di temerlo, ma incapace di comprenderlo (Teorema) e l'ambiguità di una plausibile spiegazione razionale che sembra refrattaria a qualunque risoluzione deterministica. Nel raggelante distacco della messa in scena , nella grottesca accondiscendenza dei personaggi, nella catatonica accettazione di surreali dinamiche relazionali, la cifra di un linguaggio sospeso tra l'apologo morale e la favola nera in cui forse il regista greco segna il passo di una maniera che finisce troppo spesso per scimmiottare sè stessa. Va da sè che gli ingredienti di un cinema che finora ha avuto più sostenitori che detrattori, ci sono tutti: Il senso di colpa di un peccato inconfessabile, la trasgressione del sacrale rispetto per la natura che impone rituali di espiazione, i doni da offrire in pegno (l'orologio, che pero', viene subito ricambiato), persino minacciose divinita adolescenti da ingraziarsi.
Il film si apre con l'animale impazzito che si divincola al centro del campo chirurgico di un'operazione a cuore aperto; l'immagine forte di una responsabilità della tecnica che richiede i più elevati valori etici ed una irreprensibile condotta professionale, quella di un cardiochirurgo materialista e ordinario alle prese con la manifestazione reale di una mistica nemesi morale. Il cuore come sede dell'anima e gli occhi come lo specchio in cui questa si riflette, rimandano ad un senso di sacralità della vita che la moderna civilta dei consumi, delle comode villette con giardino, delle lezioni di piano e delle scuole di lusso sembra avere smarrito.
Perfino il il sesso, come spesso nel cinema di Lathimos, è utilizzato in modo meccanico e strumentale, quale mezzo di comunicazione di realtà inconciliabili (le perversioni tanatoerotiche della coppia di professionisti, la madre di Martin che si offre al chirurgo, Martin che incuriosisce il figlio e circuisce la figlia, la prosaica discussione sui caratteri sessuali secondari, pure il do ut des di una masturbazione in auto, sic!), compreso il tentativo di una entità sovrannaturale di trasfigurarsi nella comprensibilità del linguaggio e delle relazioni umane senza mai però entrarvi in relazione diretta.
Al centro di tutto, il fulcro di una di una inesorabile progressione del meccanismo drammatico nel quale l'espiazione sembra avere lo stesso rango della colpa cui porre rimedio e per questo e tanto più terribile e irrevocabile; una tragedia grottesca di crudeltà medievale e di richiami classici ambientata nel rassicurante idillio della periferia di Cincinnati. Anche il tentativo della madre all'ultima spiaggia di contrattare la salvezza della prole si converte nella confessione di una ineluttabilità della condanna che fa ricadere sui figli la colpa dei padri ("Non so se quello che sta accadendo sia giusto, ma e l'unica cosa che riesco a concepire che si avvicini alla giustizia"). Il senso di precarietà della propria condizione da rimettete al giudizio altrui diventa la stura per le miserie, gli egoismi e le meschinità che dividono il sangue, contrappongono gli intetessi e disgregano l'unita familiare: moglie contro marito, fratello contro sorella, padre contro figli, persino madre contro figli in un surreale gioco al massacro del si salvi chi puo': una metafora della sommatoria di egocentrismi che compone il puzzle familiare secondo Lathimos e del sacrificio dell'innocenza che la tiene insieme; fino alla terrificante roulette russa di una esecuzione alla cieca che rinnova nella parabola di Isacco (più che nel mancato auto da fè di Ifigenia) la sottomissione dell'uomo ad una volubile divinità in scarpe da tennis.
Ex aequo con You Were Never Really Here per il Prix du scénario al Festival di Cannes 2017 e premio della critica al Sitges - Catalonian International Film Festival 2017.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta