Regia di Yorgos Lanthimos vedi scheda film
Il sacrificio come giusta e coerente espiazione di una colpa. Un padre di famiglia messo in condizioni di dover fare una scelta terribile. Un noir torvo e perverso che riporta il gran regista greco a riparlarci di famiglia e di gestione di responsabilità a seguito di errori imperdonabili e letali.
CANNES 70 - CONCORSO - PRIX DU SCENARIO
Un brillante cardiochirurgo con statuaria ed affascinante moglie medico e due adolescenti belli ed intelligenti al seguito, si trova ad incontrare sempre più spesso, negli intervalli di lavoro e pause pranzo, un altro adolescente di poco più grande della figlia maggiore.
Perché lo fa? Naturalmente non ci viene detto, ma se a raccontarcelo è il greco Yorgos Lanthimos, conviene prepararsi ad aspettarsi di tutto, dal figlio illegittimo tenuto segreto alla famiglia, all'amore proibito di uno stimato professionista verso un minorenne.
La verità è ancora più sconvolgente di quest'ultima ipotesi, e non è simpatico né sensato rivelarla in questa sede.
Possiamo solo dire che tutta la famiglia verrà coinvolta in una sorta di rito misterioso che prevede un castigo necessario, come contrappasso di una grave responsabilità lavorativa che ha strappato un affetto famigliare altrove.
E con questo affascinante, perverso noir, Yorgos Lanthimos torna a porre al centro dell'obiettivo la famiglia, come già fatto nel film che più di ogni altro lo ha rivelato internazionalmente: Kynodontas.
Obiettivo di tutto ciò: la necessità fisiologica di scegliere un capo carismatico, che sappia far valere la propria autorità e prendersi carico di risolvere le situazioni più dolorose e spiacevoli, quando ormai è solo piu' il momento di scegliere l'individuo da sacrificare per salvare tutti gli altri da una sorte letale e incontrovertibile.
E infatti il "sacrificio" sta al centro della macabra soffocante e misteriosa storia, che ci verrà spiegata con cura nelle dinamiche specifiche del suo evolversi, a patto di non pretendere, in questa sede né altrove, spiegazioni che vadano al di là dei fatti puntualmente raccontati.
Diretto con una maestria ammirevole che predilige le inquadrature a distanza e spesso ad altezze acrobatiche, The Killing of sacred deer, rappresenta in un certo senso il ritorno di Lanthimos - ormai sempre più internazionale - a sondare gli aspetti più nascosti e morbosi (si pensi al ricordo personale che il padre rivela al figlio circa il suo primo coito) che si celano all'interno di quella associazione naturale e spontanea che si chiama famiglia.
Nel cast tutto made in Hollywood, oltre al ritrovato Colin Farrell sempre più torvo (ma qui ha le sue buone ragioni ad esserlo), Nicole Kidman, bellissima e generosamente esposta, sa tirare fuori una grinta inedita da un personaggio che solo erroneamente può apparire secondario e inerte.
E se, in un piccolo ma succoso ruolo di madre sessualmente vorace, è piacevole ritrovare Alicia Silverstone, maturata con gradevolezza, il migliore di tutti è senza dubbio l'adolescente inquietante che fa da cardine alla vicenda, e che il giovane Barry Keoghan riesce a rendere in modo straordinario, tanto da non potersi escludere che possa essere premiato quale migliore interpretazione maschile, sconfiggendo ben più illustri e famosi pretendenti.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta