Regia di Leone Pompucci vedi scheda film
Paolo Villaggio come egoista capo cameriere con un luminoso(?) passato dietro alle spalle. Diego Abatantuono che giocava a pallone e si è ritrovato a servire ai tavoli di un ristorantone in decadenza. Antonio Catania con tutti i tic e le manie dei grandi cuochi prepotenti e superbi. Marco Messeri che era tanto bravo la fisarmonica quanto incapace di ritagliarsi un posto nel mondo. Enrico Salimbeni è il nipote di Villaggio, timido ed ancora puro. Contro questo personale anticonvenzionale ed anacronistico c’è il gruppone della borghesia arricchita, capitanato da Carlo Croccolo, che ha deciso di rilevare il ristorante (dal morto vivente Ciccio Ingrassia) e renderlo uno show room, sposato alla remissiva Regina Bianchi, cornuta da secoli dato che il marito se la fa con la popputa Sandra Milo, e con il volgare e trucidissimo figlio Antonello Fassari. Camerieri è la fine della commedia di costume, il passo d’addio ad un mondo di macchiette che rappresentano la deriva malinconica ed estrema dei Nuovi Mostri degli anni settanta. Macchiette brutte, cattive o incattivite, fotografate senza pudore e ritegno in una dimensione al di là della modernità (nonché con una matrice fondamentalmente teatrale), che hanno rinunciato perfino alla ricerca di una via di salvezza pur di combattere sanguinosamente nel luogo di elezione. Pompucci dà vita a questo mondo viscido ed umido con spirito esasperatamente cinico, creando così una commedia grottesca in cui sono i personaggi a soggiogare la storia. E non è un caso visto l’autore del soggetto, un certo Paolo Rossi.
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