Regia di Germano Maccioni vedi scheda film
la pianura padana oltre ad essere una delle zone più inquinate d'europa, è anche una zona che sembra totalmente sciatta e senza punti particolari da essere apprezzata e anche l'esatto opposto. questo piattume che opprime ed esalta l'occhio, finisce solo dove finisce l'orizzonte e quindi in teoria non finisce mai, perchè sappiamo benissimo che dove finisce la nostra vista, il mondo va avanti. qualche sporadica linea verde composta da sempre meno alberi, terra di coltivazioni, o la foschia lattiginosa composta da smog e calura d'estate o dalla bruma dei mesi freddi, sono i limiti o gli spunti per chi vive qui per navigare per il mondo e per il cosmo. la pianura è uno stato mentale(che graan novità!!!!), ci si deve nascere per apprezzarla e soprattutto per chi vive nei piccoli centri da un senso di protezione isolazionista, ma anche di raggiungere facilmente centri più o meno grandi e riempirsi gli occhi nelle belle sere con le stelle che brillano nel cielo. sembra un Paesaggio facile da filmare, ma il film di maccioni dimostra che anche uno che nasce in emilia non riesce a catturare cosa vuol dire vivere in pianura. ricordo nel bel film di marco righi del 2010, "i giorni della vendemmia", una bella scena girata in soggettiva di una biciclettata nelle stradine basse di campagna. oppure il Po ripreso dal francese duvivier in "don camillo" o perchè no la nebbia cittadina di milano di "senza sapere niente di lei", e ancora gli argini e la nebbia che ti si attacca direttamente alle ossa delle rivolte contadine in "novecento".
maccioni ha una storia di emarginazione, bullismo, fallimenti e perdita del lavoro, (oppure il terrore di trovarlo un lavoro), in una delle tante ditte che sanno e riescono ad evolversi e rimanere sul selvaggio, tentacolare e mangiatori di anime e di uomini mercato-del-lavoro, ma smarrisce inesorabilmente il punto di vista, individuate nelle primissime scene con tatti sanguineti, in un enfasi musicale elettronica che rincorre forse un bach pasoliniano.
una recitazione troppo sovraccarica da parte dei non professionisti, dove invece ci sarebbe voluto la capacità di captare l'essenza dei giovani chiamati a dar vita ai personaggi, e l'esaltazione del criminalotto di mezza tacca di pippo delbono non aiutano lo spettatore a capire cosa stanno guardando.
non basta la pizzeria ricavata da un garage; il sottopasso dove nascondere l'auto col grisbì sacro, o il ponte sull'autostrada. il potenziale c'era tutto, ma maccioni lo ha edulcorato eccessivamente.
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