Regia di Raoul Peck vedi scheda film
Il Roipnol? L'Halcion? Il Minias? Lo Stilnox? Lasciate stare: tutta robaccia che dà anche effetti collaterali. Per la cura dell'insonnia dovete provare I am not your negro, film che vi garantisce di mandarvi in onde theta in pochi minuti e senza alcuna ripercussione fisica (a meno che vi siate messi scomodi sulla poltrona). Ed è un vero peccato che sia così, perché - almeno sulla carta - il film diretto dall'haitiano Raoul Peck, sulla base di un libro incompiuto scritto da James Baldwin (Remember this house), avrebbe potuto essere interessantissimo. A spanne il tema sembra essere quello del razzismo (vabbè, dai, si capiva anche dal titolo…), declinato in ragione tanto della superiorità dell'uomo bianco, quanto in quella della contraffazione della realtà, come avvenne - per esempio - nella rappresentazione cinematografica dello sterminio degli indiani d'America, che i film di John Wayne (come lui, tanti altri), fecero passare per atti d'eroismo o in quella di tante immagini puibblicitarie.
Il perno del film (e del libro) sono tre personaggi chiave della cultura nera americana, accomunati dallo stesso destino, quello della morte per assassinio: Medgar Evers, Malcolm X e Martin Luther King. Sulle loro storie volteggiano le parole dello stesso Baldwin, scrittore e polemista di razza, e sono parole che vanno dritte al cuore della questione, che argomentano, dimostrano, filosofeggiano, espressione di una dialettica fulminante. Queste stesse parole, le terribili immagini di repertorio che mostrano i pestaggi ai danni della popolazione di colore e tante altre espressioni di un razzismo che non è mai venuto meno sono tuttavia assemblate scriteriatamente: seguire il filo del discorso diventa quasi impossibile, tanto più se questo è accompagnato dalla voce monocorde di Samuel L. Jackson. Tutto ciò fa di I am not your negro un'opera virtualmente preziosa, ma montata senza cura alcuna.
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