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I Am Not Your Negro

Regia di Raoul Peck vedi scheda film

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La recensione su I Am Not Your Negro

di yume
9 stelle

Se io non sono il negro, e l’avete inventato voi, allora dovete capire il perché, e il futuro del Paese dipende dal sapersi porre questa domanda.

locandina

I Am Not Your Negro (2016): locandina

Remember this house è un libro/diaro incompleto, appena trenta pagine, di James Baldwin, scrittore afroamericano, attivista/pensatore/storico, nato a New York, vissuto a lungo a Parigi e morto nel 1979 a Saint-Paul-de-Vence.

Lo stava scrivendo sulla vita dei tre suoi amici assassinati, Medgar Evers, Malcolm X e Martin Luther King.

Pagine nere, radicali, eversive, poche ma sufficienti su quel viaggio a lungo rimandato, il suo ritorno negli States.

Una lettera di Baldwin a Jay Acton della Spartan Literary Agency del 30 giugno 1979 apre il film:

“Mio caro Jay, ti confesso che sto scrivendo le seguenti osservazioni in uno stato mentale piuttosto diviso. L’estate è appena cominciata ma già sento che è quasi finita, e avrò 55 anni… già 55 anni, fra un mese. Sto per iniziare il viaggio, ed è un viaggio a dirti il vero, che ho sempre saputo che avrei fatto un giorno, ma ho sperato, di certo ho sperato, di non dover fare così presto. Voglio dire che un viaggio è chiamato tale perché non sai cosa scoprirai durante il viaggio, cosa farai con ciò che troverai, o cosa ciò che troverai farà a te”.

Il regista Raoul Peck, haitiano, direttore di una prestigiosa scuola di cinema in Francia, ne ha fatto il centro di un film complesso, articolato, innovativo per forma e contenuto, I Am Not Your Negro, portato alla Berlinale 2017dove ha lasciato una traccia profonda nel pubblico.

Chiunque ne affronti la visione non potrà infatti che constatarne la radicalità, affidata ad un montaggio sincronico che rende autenticamente indivisibili passato e presente, fonde testimonianze, foto, spezzoni di documentari e film in un continuum narrativo fluido, rivelatore con trasparenza cristallina dell’assunto di base, quello di Baldwin fatto proprio da Raoul Peck:

scena

I Am Not Your Negro (2016): scena

 

Il mondo non è bianco, né lo è mai stato. Bianco è solo il colore del potere

 

Quell’inesausto, lucido e determinato muoversi di Baldwin non solo contro le forme conclamate di discriminazione razziale presenti nel suo Paese e nel suo tempo, ma anche, e soprattutto, contro  luoghi comuni e ipocrisie del pensare comune, contro la violenza delle istituzioni e degli “ uomini di riguardo”, anche quando si ammantino di liberalismo e tolleranza, la sua presenza fissa e scomoda in dibattiti celebri degli Anni 60, come quello nel ’65 con William F. Buckley, campionedel conservatorismo statunitensealla Cambridge University sul tema “Cosa ha guadagnato il sogno americano a spese del negro americano?”, tutto questo è un lascito prezioso alle generazioni future che I Am Not Your Negro mette nel giusto cono di luce (e pazienza che non abbia ricevuto l’Oscar, negli States continua ad essere amata la capanna dello zio Tom!)

scena

I Am Not Your Negro (2016): scena

 Peck ha raccolto il testimone dello scrittore partendo da quel dattiloscritto interrotto, ha selezionato le numerose registrazioni in cui Baldwin parla in occasioni pubbliche dopo il suo ritorno, ha moltiplicato l’energia sprigionata da quelle pagine usando il bianco e nero e il colore come indicatori temporali per incursioni nel passato e immersioni nel presente.

E’ nato così uno storytelling inedito della grande tragedia dei neri d’America.

La condizione di chi, per quattrocento anni, ha aspettato di essere riconosciuto dal bianco americano come “carne della sua stessa carne, ossa delle sue ossa” è raccontata da una voce diversa dalle tante che l’hanno preceduta.

 

Se voi avete inventato il negro, e voi bianchi l’avete inventato, allora dovete scoprire perché ”.

E’ a questo imperativo che le forze unite di Baldwin e Peck vogliono che il bianco risponda.

scena

I Am Not Your Negro (2016): scena

 I Am Not Your Negro è un affresco di storia americana che ha la tragica immanenza di storie ancora in corso, l’eco di un passato troppo lungo e duro per essere sepolto, l’inquietudine di un futuro incerto.

Più che mai attuale oggi, epoca di confronti multi-etnici e rinnovate teorizzazioni sul colore della pelle, le parole di Baldwin si affidano ad una regia  che supera i confini del documentario, affianca ai report di cronaca passata e presente immagini e video di Baldwin all’opera, non come letterato ma come attivista impegnato sul fronte dei diritti civili, mentre la  splendida voce di Samuel L. Jackson dà vita all’ “io narrante” di una storia vera.

Un collage di sequenze cinematografiche famose, facce di attori celebri, la Doris Day, angelo biondo del mito americano, Sidney Poitier, il nero che non fa paura, John Wayne, l’eroe che uccide indiani a raffica dal tetto della diligenza, chiama in causa l’industria cinematografica, veicolo primo e forse il più insinuante per acculturare le masse diffondendo clichè.

E se apprendiamo che Malcom X si identificava in Tarzan, Baldwin aveva scelto John Wayne:

Io stesso fin da piccolo ero talmente invaso da immagini di bianchi che uccidono gli indiani nei Western da rendermi conto dopo che come 'nigger' ero l'indiano della situazione, il diverso, il nemico”.

E’ questo il nocciolo del problema, l’identità negata a uomini nati in una stessa nazione in cui nascere bianchi o neri ha fatto la differenza.

Credersi bianco”, per citare un’espressione di Coates, in uno Stato che ti priva dell’orgoglio di essere il tuo corpo, e un giorno, all’incirca verso i sei sette anni, scoprire che essere nero è un problema.

 

Nessun altro paese al mondo è stato così grasso e untuoso, così sicuro e felice, così irresponsabile e così morto. L’industria americana è obbligata, per come è strutturata, a presentare una fantasia del cinema americano che si autoalimenta. Il loro concetto di intrattenimento è difficile da distinguere dall’uso dei narcotici. La tv ci insegna cose spaventose sul senso di realtà americano. E quindi non potremo verosimilmente diventare quel che vogliamo finché non saremo disposti a chiedere a noi stessi perché la vita che conduciamo su questo continente sia così vuota, scialba e brutta”.

Parole durissime di Baldwin che chiamano in causa il modello di vita americano, andando molto oltre la questione razziale.

Se è vero come è vero che la storia d’America si è macchiata a lungo e continua a macchiarsi di questa infamia, se questa aberrazione nella storia del pianeta non è solo prerogativa dell’America e sbaglia chi si crede immune, è al proprio modello di civiltà che bisogna far riferimento, ed è la domanda che bisogna farsi e Baldwin insegna a farsela.

Se io non sono il negro, e l’avete inventato voi, allora dovete capire il perché, e il futuro del Paese dipende dal sapersi porre questa domanda.

 

Nella sequenza finale un lungo monologo è rivolto da Baldwin alla platea, dopo aver ascoltato Ballad of Birmingham mentre si svolgono i funerali di Martin Luther King

 

La storia dei negri d’America è la storia dell’America, e non è una bella storia.

Cosa possiamo fare? Beh, io sono stanco. Non so come diventerà ma non è il come che conta. Sarà sanguinoso, sarà duro

 

Passano fotogrammi di grattacieli dell’alta finanza, scintillanti e opprimenti, General News, Bloomberg, Nasdaq, sicurezza e profitti, numeri, numeri, enormi display con bollettini di Borsa

 

… lo stile di vita americano non è riuscito a rendere la gente più felice o a renderla migliore …

foto segnaletiche di neri, una voce canta

con la schiena al muro

 

neri impiccati penzolano dagli alberi

… non potete linciarmi e tenermi nei ghetti senza diventare voi stessi qualcosa di mostruoso, e inoltre mi date un tremendo vantaggio, voi non avete mai dovuto guardarmi , io vi dovevo guardare, so più io di voi che voi di me…

 

https://www.youtube.com/watch?v=PcZJjINpZwc

 

Elephant di Gus Van Sant scorre sullo schermo, il giovane criminale spara

 

… insistiamo a credere che il vuoto e la criminalità nei nostri figli siano il risultato di qualche calcolo errato in una formula che possiamo correggere.

Quell’ostilità senza fondo e senza scopo che rende le nostre città fra le più pericolose del mondo è creata e sentita da un manipolo di esseri aberranti

Fermo immagine sul volto del ragazzo

 Basta guardare gli Stati Uniti oggi per far piangere profeti e angeli

Questa non è la terra della libertà

 

Pestaggio di Rodney King Los Angeles1991

https://www.youtube.com/watch?v=vo0DsC2yAok&t=27s

 

https://www.youtube.com/watch?v=MkNhTieOff0

 

Scene romantiche da Love in Afternoon di Wilder e Lullaby of Broadway di Butler, Gary Cooper e Doris Day, “due dei più grotteschi simulacri d’innocenza” e invece Ray Charles

https://www.youtube.com/watch?v=EPLZL4s_jtI

“Ehi mamma, non trattarmi male

vieni e ama il tuo paparino per tutta la notte…

Ora so che tutto va bene, ehi ehi

Quando mi vedi mal preso, dai piccola

occupati di me”

 

 Non tutto quello che si affronta può essere mutato, ma nulla può cambiare finchè non lo affronti.

La storia non è il passato, è il presente.

Ci portiamo dietro la nostra storia, noi siamo la nostra storia. Se fingiamo altro siamo dei criminali.

Posso testimoniarlo. Il mondo non è bianco. Non è mai stato bianco. Non può essere bianco.

Il bianco è una metafora del potere ed è semplicemente un modo per descrivere la Chase Manhattan Bank

I am not a nigger

 

Lunga teoria di foto di neri, coppie, single, vecchi, giovani, foto di famiglia del passato e di oggi,

 

Non posso essere pessimista. Essere pessimista significa che hai accettato che la vita umana è questione accademica, quindi devo essere ottimista, sono obbligato a credere che possiamo sopravvivere, qualsiasi cosa accada.

Ma il negro in questo Paese, il futuro del negro in questo Paese, è luminoso o buio esattamente come il futuro del Paese.

Spetta interamente agli americani e non ai suoi rappresentati, spetta solo alle genti americane, volere o meno affrontare e venire a patti e abbracciare lo sconosciuto di cui hanno malignato così a lungo.

Quel che devono fare i bianchi è provare a scoprire nei loro stessi cuori perché è stato necessario, innanzitutto, avere unnegro”.

 

Perché io non sono un negro, sono un uomo.

Ma se pensate che sia un negro significa che vi serve.

E’ la domanda che i bianchi di questo Paese devono porsi, a nord e a sud, perché è un unico Paese, per il negro non c’è differenza fra nord e sud, la differenza è solo nel modo in cui castrate, ma la castrazione è un fatto americano.

 

 

Raoul Peck

I Am Not Your Negro (2016): Raoul Peck

 

www.paoladigiuseppe.it

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