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I Am Not Your Negro

Regia di Raoul Peck vedi scheda film

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La recensione su I Am Not Your Negro

di zombi
8 stelle

figura di intellettuale di altissimo livello, james baldwin ha qualcosa da insegnare agli uomini bianchi che insistono a dire che NEGRO non è una parola offensiva... ha ragione quando dice: "se mi chiami NEGRO è segno che hai bisogno di me" perchè james baldwin amico di tre figure influenti di uomini (NERI) degli anni 60 americani, tutti e tre uccisi nel giro di poco tempo l'uno dall'altro, dice che ha solo senso parlare di uomini e donne, fratelli e sorelle, madri e padri e figli.... se si insiste ad usare la parola negro, anche senza enfatizzarla, come dick cavet al suo show, è segno che lo stato americano, la nazione americana ha ancora bisogno di mano d'opera a basso prezzo, se non gratis per diventare il grande paese delle grandi opportunità. autoesiliatosi in europa per non sentire la pressione dei ruoli, baldwin decide che è ora di tornare "a casa" quando vede la ragazza di colore recarsi a scuola, inseguita da un'orda di bianchi inferociti che la insultano e la ricoprono di sputi. tornare in quel paese che lo ha visto nascere e che dal 64 il quinto emendamento difende i diritti di tutti i cittadini americani, in teoria, perchè in pratica, secondo il sentire comune: "dio persona l'omicidio, dio perdona l'adulterio, ma non può perdonare l'integrazione", ma anche se commetti un matrimonio misto sei un comunista e quindi un pericolo per il paese, un pò come coloro che in italia per esempio, insistono a difendere l'integrità del matrimonio tradizionale, vedendo in altre comunioni una minaccia incalcolabile. questo è non voler vedere; non volersi guardare dritti negli occhi come in uno specchio e ammettere che abbiamo commerciato e comprato interi nuclei famigliari sradicandoli per esempio dall'africa, ma non li vogliamo vedere, non devono farsi vedere e soprattutto non devono richiedere diritti, riservati solo alla supremazia bianca.... perchè le persone di colore non dovevano far valere un loro diritto, sedendosi a fianco di un uomo bianco o di una donna bianca, dovevano solamente farlo, poichè non era un loro dovere NON FARLO. documentario potente che alterna immagini degli anni 60 a immagini odierne dove pare che non sia cambiato molto. baldwin molto semplicemente rispondeva ad un intervento televisivo di bob kennedy riguardo la segregazione, che non era tanto assurda l'affermazione riguardo ad una probabile elezione di un presidente nero non prima di 40 anni, bensì l'idea che dopo 400 anni un uomo di colore doveva aspettare, forse, altri 40 anni, mentre kennedy invece nel giro di poco tempo poteva già ambire a quel ruolo solo perchè bianco e fratello di john. baldwin cercava di spiegare ad una società che di base non voleva vedere e ascoltare, tappandosi le orecchie e blaterando a voce alta come un pupetto, cose di una semplicità imbarazzante... che non si dovevano fare nuove leggi, perchè c'erano già e bastava applicarle.... bisognava solo volerlo. è una questione di volontà, di desiderio e di passione e di libertà. bastava solo vedere il viso di baldwin quando per esempio al dick cavet doveva difendersi da un emerito filosofo bianco invitato a dire la sua, oppure anche all'università quando gli studenti bianchi si sono alzati e lo hanno applaudito... gli occhi di baldwin li guardavano consapevoli che le intenzioni erano ottime, ma che da soli non bastavano... come quando all'iniziò ricordava la sua maestra bianca, trattata come una negra perchè non disprezzava i bimbi di colore, che fu proprio lei ad iniziarlo ai libri e alla lettura. baldwin ripete spesso che lui non odia i bianchi, almeno non tutti. il suo è un approccio fervente ma  non violento, di comprensione ma anche di divulgazione, si capiva l'esigenza di trasmettere un sapere, la conoscenza ma senza la pedanteria di un pedagogo arrogante, anche se spesso si trovava ad avere a che fare con gente che andava condotta come un bimbo.

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