Regia di Stephen Frears vedi scheda film
1887: ricorre il Giubileo dalla Regina Vittoria. Le autorità indiane inviano in Inghilterra, una delegazione che omaggi l'imperatrice d'India con una moneta celebrativa. Ad offrire il dono sono due umili servitori Mohammed e Abdul. Se per il primo l'incombenza è solo un'inutile seccatura che mal si concilia con l'atteggiamento indipendentista della propria gente, per il secondo poter vedere la Regina è un desiderio inconfessabile che lo rende impavido e irrispettoso del cerimoniere di corte. Il fascino di Abdul, unito alla sua spigliata irriverenza, ottiene dapprima l'attenzione della stanca e annoiata monarca, successivamente il riconoscimento di "monshi", vale a dire maestro (di urdu e Islam). La posizione di prestigio occupata da Abdul Karim e l'amicizia che sorge tra lui e l'imperatrice non manca di far scandalo a corte e di provocare malcontento tra i nobili, i politici e la servitù. Nonostante le avversità il rapporto tra i due si manterrà, comunque, saldo.
Il film di Stephen Frears si basa sull'omonimo libro scritto da Shrabani Basu e sui diari dello stesso Karim portati alla luce per la prima volta nel 2010. Il lavoro di Frears che, in qualche modo, omaggia i 70 anni di indipendenza dell'India, mette in luce aspetti sconosciuti dell'austera regina: la sua fame di sentimenti e un'apertura mentale che poco aveva a spartire con la rigidità e il classismo dell'epoca. Frears, invece, non ci offre niente di nuovo per guanto riguarda le scelte narrative. I personaggi sono tipizzati e per niente dissimili dall'immaginario popolare della nobiltà (vanesia, fredda come il mare del Nord e razzista senza alcuna eccezione). A contrario Abdul, nella verità storica, era inviso solo ad alcuni cortigiani ed aveva un carattere decisamente più complesso e poliedrico, e di questo la sceneggiatura non ha tenuto conto per non sconfinare nel politically scorrect, di fatto scadendo nel politically un-correct. La sola Vittoria sembra meritare un maggior approfondimento interiore da parte dello sceneggiatore Lee Hall. Il film non manca di humor ma avrebbe potuto essere più interessante se avesse affrontato tematiche politiche e sociali (ancorché presenti) con maggior incisività e tralasciando frivolezze ed edulcorazioni eccessive.
Splendidi, invece, fotografia e costumi che virano dai toni caldi del sub-continente ai toni grigi e freddi della Scozia a suggellare i differenti stati d'animo e modi di concepire la vita dei due protagonisti. Magnifica la sequenza che ci introduce, tra centinaia di servi e camerieri, alla cerimoniosa vita di palazzo.
Magistrale come sempre Judi Dench. Stephen Frears, che fa pur bene il suo lavoretto in quest'ultimo film (e in Florence prima), è ben lontano dall'acume sociale e intellettuale, e dalla corrosiva ironia raggiunte in altre opere come Philomena, senza andare tanto indietro coi tempi. Nel complesso, comunque, sufficiente.
Cinema Teatro Santo Spirito - Ferrara
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