Regia di Adam Green vedi scheda film
La decadenza made in Usa dell'epoca moderna è il soggetto, forse l'unico realmente, di questa riproposizione in chiave pop della novella di Aladino. Non c'è molto da spiegare e infatti Adam Green, cantante di primo mestiere e cineasta per passione, non spiega nulla, divertendosi anzi a complicare la trama con sottigliezze spesso vane (ai fini logici della narrazione, quantomeno) e arzigogoli che alla lunga corrono il rischio di diventare irritanti; certa sentenziosità nei dialoghi, per esempio, va esattamente in tale direzione. Il film è comunque realizzato con pochi mezzi, ma sufficienti per il contesto; si tratta di una piccola autoproduzione, ma la buona volontà del film maker (sceneggiatore, regista e protagonista) rockstar è assolutamente premiata dal risultato. Ciò che non va, al di là di qualche verbosità già citata, è da ritrovarsi nella recitazione di gran parte del cast, in primis lo stesso Green che mantiene la medesima espressione esterrefatta/vacua per tutta la durata del lavoro; in generale però sembra che il regista non abbia in alcun modo diretto i suoi attori, con l'esito prevedibile che solo quelli professionisti o almeno con qualche esperienza sul set riescono a fare buona figura. A tale proposito, fra gli interpreti vanno citati Macaulay Culkin, Alia Shawkat, Jack Dishel, Zoe (figlia di Lenny) Kravitz, il pittore/artista visivo Francesco Clemente, il cantante Devendra Banhart in una particina e il batterista di Green, Parker Kindred, sorprendentemente bravo pur non essendo un vero attore. Se amate il gusto del bizzarro (e spesso del 'bizzarro-per-il-bizzarro', cioè fine a sè stesso, strano e nonsense), questo film fa per voi. 4/10.
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