Regia di Fernando Cerchio vedi scheda film
Gente così: una maestra comunista, un indomito contrabbandiere, i montanari diTrepalle, e un prete dai modi spicci e bruschi, ma spesso opportuni.
I film che per qualche motivo sono insoliti (ambientazione, argomento, paese di produzione...) attirano sempre la mia attenzione, a prescindere dalla qualità effettiva dell'opera. E “Gente così” è uno di questi: girato a Trepalle (SO) - a 2000 m, non proprio Cinecittà – diretto e interpretato da nomi dimenticati (ma non da dimenticare), e in generale un'aria diversa dai film a cui siamo abituati. Un nome noto, però, c'è: Giovannino Guareschi, autore del libro da cui è tratto il film, e co-sceneggiatore. E il sacerdote che compare nella pellicola molti dicono che sia un prototipo di don Camillo, e che sia ispirato ad uno veramente vissuto a Trepalle. Non so se i dialoghi li abbia scritti lo stesso Guareschi, ma certo sono uno degli elementi migliori del film, fitti e arguti come in una screwball comedy.
Come i più celebri film di don Camillo, anche questo sviluppa in qualche misura il tema della lotta politica, cioè la rovente rivalità tra comunisti, liberisti, cattolici, e altri. Pur rappresentando con sostanziale simpatia il personaggio della maestrina comunista, il film mostra però i limiti del suo eccessivo ideologismo, e la debolezza della teoria staccata dalla realtà, entrambe storture, queste, che provocano più danni che vantaggi. Con ancora maggiore simpatia viene visto il contrabbandiere, uomo indomito e impulsivo, forse pure orgoglioso, che però ha dentro una forma di bontà e di onestà, quantunque non di quelle che piacciono alla guardia di finanza.
La bella fotografia in bianco e nero ci offre begli scorci delle Alpi, ripresi anche in luoghi impervi e scoscesi. E le vedute del paesello di Trepalle dovrebbero interessare i suoi odierni abitanti, per vedere come da allora è cambiato.
In generale, la pellicola è recitata decentemente, diretta con mestiere, e scritta da chi sapeva tenere in mano la penna. Se qualche tentativo di satira paesana cigola un po', altre parti funzionano decisamente bene. Tra queste vi è il finale, che secondo me è sviluppato in modo originale e imprevedibile, con un inusitato uso del fuori campo.
Per il sapore della vita della povera gente, e lo sguardo simil-neorealista la pellicola ricorda altre coeve di Augusto Genina.
PS: Rete 4 ne ha mandato in onda la versione restaurata, che ci presenta il film probabilmente nella qualità originale dell'epoca, e comunque molto buona.
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