Regia di Stephen Chbosky vedi scheda film
"ci mancava solo che resuscitasse il cane" (cit Alan Smithee)
Un film che tifa spudoratamente, se non proprio per il “bello”, sicuramente per il buono e per il gentile, che se sparati a pioggia, alla fine - bello - ti fanno diventare comunque.
Un tipo di cinema molto ruffiano cui piace vincere facile.
Lo inquadro nella bacheca delle forrestgumpate: quindi una narrazione che si esalta coi presunti perdenti sistemandogli ben bene le carte per farli uscire vincitori.
Il nostro August, protagonista di un romanzo di Palacio, non sfugge alla regola, nato col viso deturpato per cause genetiche, sarà sottoposto a svariati interventi per addolcirne la deformità, nonché amato visceralmente dalla sua famiglia, che gli assicurerà affetto, sostegno ed istruzione evitandogli contatti prematuri ed imbarazzanti con i coetanei.
Ma i dieci anni, e la prima media, sono arrivati: per il nostro Auggie, cresciuto con ambizioni lunari (gira infatti con un casco della Nasa che gli garantisce sogni spaziali e immunità visiva), è giunta l’ora di farsi vedere dal mondo.
E allora ci prepariamo ad un’ampia selezione di stereotipi: dai bimbi che si scansano al passaggio del “mostro”, all’immancabile bulletto di scuola con la sua cricchetta spavalda, alla sorella che soffre l’assenza di attenzioni, riservate tutte al fratellino menomato, e che farà coppia con un nero (tanto per omaggiare anche in questo caso la politically correct) dopo essere stata bistrattata dalla confidente del cuore che prima la molla per machiavellici motivi e poi si pente con colpo di “scena”, al bel ragazzino perfettino, prima comprensivo, poi voltafaccia, poi di nuovo amichetto, fino ai genitori invidiabili, onnipresenti, indulgenti e protettivi, senza mai un cedimento.
August si muove in questo panorama, a volte svicolando, ed altre cadendo, in trappole scontate; è forte della sua intelligenza, e di quella gentilezza citata ad inizio film: “Quando ti viene data la possibilità di scegliere se essere giusto o essere gentile, scegli di essere gentile”.
Un atteggiamento che deve permettere il “cambio di sguardo” nei suoi confronti, come auspicato dal preside ispirato, ma che non può ammantarsi di sfacciata smielatezza da far sciogliere come neve al sole tutti i nodi che il film, artatamente e qualche volta senza filo logico, crea mano a mano ad esaltare risaputi cliché hollywoodiani, fino all’epilogo finale dell’applauso scolastico a scena aperta…
In definitiva, parodiando il precetto prima citato: “Se proprio dobbiamo scegliere tra un film giusto, ed uno buonista. Scegliamo quello giusto”
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