Regia di Lorcan Finnegan vedi scheda film
Eric sta facendo delle rilevazioni in uno sperduto bosco irlandese, quando comincia a sentire strane presenze aggirarsi per quelle terre. La collega che lo accompagnava nella spedizione scappa, mentre Eric stringe amicizia con un hippy esperto di funghi allucinogeni che lo convince a immergersi ulteriormente nella natura.
Quel che di buono c’è in quest’opera, non poco a ogni modo, è la regia sicura e immaginifica di Lorcan Finnegan, irlandese – e che quindi gioca in casa – al debutto nel lungometraggio dopo qualche interessante corto, fra i quali vale la pena di citare Foxes (2012). Il resto sembra non essere però all’altezza della situazione: la tensione creata dal regista non dà luogo ad alcuna scena madre memorabile; le dinamiche fra i pochi protagonisti (essenzialmente tre: Eric – Alan McKenna, Olivia – Niamh Algar e Gus – James Browne) sono sciatte, psicologicamente incompiute; la trama stessa del film si può ridurre a ben poco, sia in termini di spazio che di valore assoluto (un uomo va per lavoro in un bosco, conosce un hippy e comincia a sballarsi finché perde il senno). La presenza oscura del vecchio (Devoy), sostanziale predecessore di Eric, rimane troppo oscura, troppo nell’ombra, c’è troppo non detto fin al punto di non lasciar traccia nella storia, di rimanere un semplice dettaglio secondario – cosa che, nell’economia della sceneggiatura di Garret Shanley, certamente è sbagliata. Finnegan sfrutta un paio di sequenze – la seconda particolarmente lunga – con luci lampeggianti completamente inutili sia a fini narrativi che per impressionare il pubblico: casomai gli si concede una bella crisi epilettica, in questo modo, e il disclaimer in apertura può risolvere il secondo aspetto della problematica, ma di sicuro non il primo; il regista andrà comunque a segno con la sua seconda opera, tre anni più tardi: Vivarium, (2019), un altro thriller ansiogeno con pochissimi protagonisti, ma decisamente più sofisticato. 4/10.
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