Regia di Oz Perkins vedi scheda film
NETFLIX
La bella creatura, o almeno quella che ci si para davanti - effettivamente graziosa, ma pure inquietante nella sua formale candida mise bianca da lavoro a cui tiene particolarmente ricorrere nell’espletamento delle proprie mansioni, come ci racconta e riferisce ella stessa in prima persona - è Lily, infermiera che è solita occuparsi di persone anziane non più autosufficienti.
La nuova persona di cui si dovrà occupare è una vecchia scrittrice di libri horror, assai compromessa nel fisico e anche apparentemente un po’ annebbiata mentalmente, oltre che poco propensa a ricorrere all’uso della parola per comunicare al di fuori di un suo mondo in cui sembra essere stata parcheggiata in attesa della fine.
Quando l’infermiera si accinge a leggere solo l’inizio di uno dei romanzi della sua assistita, l’inquietudine la travolge, soprattutto quando viene a conoscenza dell’inquietante particolare riguardante la circostanza che le case che sono state teatro di morti violente, sono quelle che dovrebbero essere tenute a distanza da nuovi compratori, affinché questi non corrano il rischio di venire in contatto con i fantasmi dei precedenti proprietari deceduti, divenendo oggetto dell’ira di questi ultimi.
Poche pagine bastano per creare una tensione e una suggestione tale che trasformerà e comprometterà radicalmente la stabilità mentale, la serenità, e l’incolumità della povera Lily, avvinta da un’atmosfera sinistra e da una presenza che le si stringe attorno sotto forma di una fuliggine o muffa inquietante che dalle pareti si trasferisce sin sull’epidermide.
Non nuovo alle atmosfere horror più sofisticate (ed in fondo riuscite), Osgood Perkins, detto Oz, figlio dell’indimenticato Anthony, classe 1974, già attore ragazzino col padre in Psycho II e poi interprete in svariati ruoli secondari di produzioni anche di alto budget (era pure nello Star Trek di J.J.Abrams del 2009), torna alla regia di un horror dopo il non completamente convincente - ma forte di inquietanti atmosfere adeguate al genere - “February – L’innocenza del male” (2015), visto alla Notte Horror del TFF 2016.
E questo suo veloce ed inquietante horror, prodotto e “distribuito” da Netflix, pur puntando nuovamente l’attenzione sul tema trattato infinite volte, ovvero quello della casa infestata dagli spiriti, funziona però piuttosto bene, veloce e rapido, a suo modo suggestivo nel sviscerare gli incubi ad occhi aperti che minacciano la figura centrale della vicenda.
Tutto ciò grazie, oltre che alla valida direzione impostata da un regista ormai piuttosto avvezzo al genere (e probabilmente beneficiato da compatibili ed appropriate predisposizioni familiari verso il genere, anche, o soprattutto, alla presenza, nel ruolo della ossessionata protagonista, della valida Ruth Wilson, assai convincente ed inquietante nella parte dell’infermiera vittima dell’ira, o comunque delle sinistre suggestioni, del fantasma che aleggia tra le pareti un tempo candide, poi imbrattate per sempre e progressivamente di muffa grigiastra indelebile, all’interno dei meandri contaminati di cattiveria e risentimento di una casa posta al centro del nulla.
Dopo il valido recente adattamento da King de Il gioco di Gerald, Netflix si dimostra responsabile ancora una volta di dare alla luce un horror piacevole, più che passabile, magari per nulla indimenticabile, ma di fatto più che dignitoso nel saper indirizzare la suspence come cardine e guida basilare di una storia che quasi rifugge la violenza o addirittura il gore, qui completamente assente, per puntare sulle atmosfere irrimediabilmente contaminate da una forma di malvagità che mira alla mente, più che al fisico delle vittime…. almeno da quello che, grazie al filtro della accorta regia, riusciamo a percepire.
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