Regia di Barry Jenkins vedi scheda film
Esaltato dalla critica americana, "Moonlight" è riuscito a raccogliere quegli onori che in precedenza erano stati sempre negati sia al cinema "black" che a quello "Lgbt", vincendo a sorpresa l'Oscar come Miglior film e strappandolo al più meritevole, almeno dal punto di vista artistico "La la land". Se l'Academy avesse voluto sdoganare in precedenza con l'Oscar i due filoni appena citati, avrebbe dovuto premiare "Fa' la cosa giusta" di Spike Lee per il cinema nero e "Brokeback Mountain" di Ang Lee per il cinema a tematica gay. "Moonlight" è un film a basso costo, il secondo lungometraggio di Barry Jenkins tratto da un'opera teatrale non portata sul palcoscenico dal poetico titolo "In Moonlight black boys look blue" di Tarell Alvin McCraney. Diviso in tre capitoli distinti, è il romanzo di formazione di Chiron attraverso le dure esperienze del bullismo, di una famiglia assente e della percezione di una diversità sessuale che solo dopo molti anni potrà trovare uno sbocco in un sentimento di pacifica accettazione. Formalmente molto interessante, per quanto i tre capitoli diano un ritratto volutamente parziale che lo spettatore deve completare con la sua immaginazione, si riallaccia ad un cinema di rivendicazione sociale per l'autodeterminazione delle scelte individuali, dunque strettamente di attualità, ma lo fa con qualche concessione al cliche', forse inevitabile, soprattutto nel ritratto della madre eroinomane, pur interpretata con molta convinzione da Naomie Harris. La regia ha delle invenzioni efficaci soprattutto nella parte finale con l'incontro con Kevin sapientemente dilatato e reso con grande senso atmosferico, un po' alla Wong kar-wai che sembra essere tra i modelli del regista, nonché alcuni movimenti di macchina circolari che non passano certo inosservati, ma la sceneggiatura non ha una tale originalità da poterlo davvero annoverare tra i capi d'opera degli ultimi anni. Si tratta di un ensemble piece complessivamente ben recitato, ma dove è difficile segnalare una singola interpretazione... un po' generoso in ogni caso l'Oscar come attore non protagonista a Mahershala Ali nel ruolo di Juan, che appare ben poco e fornisce un'onesta ma abbastanza "normale" performance. Insomma per me è promosso, è un film che raggiunge il suo scopo con buone intuizioni espressive e ci ricorda l'urgenza del discorso sociale di emancipazione delle minoranze, ma resta un tantino sopravvalutato (su Metacritic ha addirittura una media di 99 su 100 basata su circa 50 recensioni).
Voto 8/10
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