Regia di Barry Jenkins vedi scheda film
Con il terzo mistero di Fatima, la scomparsa di Atlantide, i geroglifici di Nazca e le girandole delle relazioni amorose, l'assegnazione dell'Oscar a Moonlight è uno dei grandi misteri della storia dell'umanità. La spiegazione più plausibile è che l'establishment hollywoodiano abbia voluto mandare un messaggio chiaro e forte a Trump in merito alle sue misure sull'immigrazione e la discriminazione. Senza nulla togliere alla rilevanza etica e politico-sociale del tema trattato nel film - la discriminazione su base sessuale - il film di Barry Jenkins (tratto dalla pièce teatrale In Moonlight Black Boys Look Blue, scritto da Tarell Alvin McCraney) è un bigino che in tre capitoli - infanzia, adolescenza ed età adulta - inanella tutte le disgrazie che possano capitare a un ragazzino di nome Chiron: suo padre non esiste, sua madre è una prostituta tossica che riceve clienti in casa, a scuola i suoi amici non si fanno scrupolo a fare i bulli con lui, il suo mentore è uno spacciatore nero dal cuore d'oro (Ali: un Oscar anche per lui come miglior attore non protagonista). Ovviamente Chiron vive in una stamberga, è nero e omosessuale. Un'omosessualità inespressa, la sua, captata con chissà quale strumento dai rabdomanti della discriminazione sessuale ed elemento giocato in sordina da un film oleografico con tentazioni autoriali da immaginario queer, ma dal ritmo monocorde e carico di un sentimentalismo precotto che non si preoccupa neppure di controllare gli aspetti formali, a cominciare dalla scelta dei tre che impersonano il protagonista.
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