Regia di Brian McGinn, Rod Blackhurst vedi scheda film
Pseudodocumentario americano razzista contro gli italiani e innocentista a favore di Amanda Knox, studentessa americana accusata - con pesantissimi indizi che la inchiodano - di avere assassinato con almeno due complici la studentessa inglese Meredith Kercher a Perugia nel 2007.
Non ha nemmeno senso mettersi a discutere, di fronte a un lavoro simile. Il documentario, o presunto tale, firmato dagli americani Rod Blackhurst e Brian McGinn, con testi dello stesso McGinn e di Matthew Hamachek, altro americano, è incentrato sulla figura dell'americana Amanda Knox e si dimentica spesso di tutti gli altri protagonisti - attivi o coinvolti loro malgrado - di quella tragedia che fu l'assassinio della Kercher, alla fine del 2007. Fin qui si potrebbe parlare di 'scelta stilistica'; non lo è, però, quella di difendere a spada tratta (il gioco di parole con le lame non è voluto, non sia mai) la Knox utilizzando toni scandalistici e argomenti violentemente razzisti nei confronti degli italiani. La Knox, dichiarano Blackhurst & McGinn, è stata incastrata da non si sa bene chi e mandata in galera per colpa di un magistrato troppo zelante, di forze dell'ordine incapaci e di un sistema giornalistico eccessivamente desideroso di trovare un colpevole da dare in pasto a un'opinione pubblica furiosa, sapientemente ammaestrata da questi 'poteri forti' (la giustizia, la stampa, la polizia): un delirio complottista che neppure i migliori antipolitici nel nostro parlamento saprebbero architettare. Il problema è però che, in larga parte, queste farneticanti tesi sono servite a scagionare la Knox (e di rimbalzo Sollecito, coimputato con analoghe accuse): oltre al danno, la beffa. Da rabbrividire. Si rimane increduli soprattutto di fronte alle dichiarazioni, montate ad arte naturalmente, di Nick Pisa (penna del Daily Mail) che si vanta delle prime pagine ottenute grazie al caso Kercher, e del pm Giuliano Mignini, dipinto come un energumeno con la fissa di emulare Sherlock Holmes. Ce n'è abbastanza per abbandonare la visione prima della fine dei suoi smisurati cento minuti di durata: bastava uno spot (l'estetica del lavoro è quella) di 30 secondi in cui si diceva: Amanda Knox è stata sbattuta ingiustamente in carcere da quegli stupidi, ignoranti, razzisti e pasticcioni degli italiani. Al pari dell'omonima pellicola diretta nel 2011 da Robert Dornhelm: senza vergogna. 1/10.
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