Regia di Terrence Malick vedi scheda film
L'intento è scriverla una recensione ma presumo si risolva in una serie di impressioni su questo film che mi ha davvero impressionato. Giunto l'autunno non solo "fuori" ma anche quello della mia vita, non sottovaluto il fatto, in virtù della sua durata, di aver potuto godere di una visione pomeridiana.
Meglio subirla un’ingiustizia che compierla, dice il padre alla figlia il cui marito è prigioniero dei nazisti. In questa frase si riassume la vita e il sacrificio di Franz Jagerstatter, il protagonista del film di Malick.
Mi sono recato in sala per l’unico motivo che era sua la regia e ancora non ho letto nulla delle recensioni che conservo dalla sua presentazione a Cannes l’anno scorso. Se avessi saputo qualcosa delle vicende del protagonista, le mie reazioni alla sua visione sarebbero state diverse? Mi domando come registi e sceneggiatori riescano a scovarle nelle pieghe della storia.
Nei giorni scorsi sul sito si è sviluppata un’interessante discussione sulle cinque stelle e nella convinzione che solo il tempo possa affibbiare a un film l’etichetta di capolavoro mi domando se non sia questo il caso. Mi sento infatti di dargliene quattro perché mi pare che Malick abbia saputo trovare un equilibrio perfetto nella narrazione di questo dramma tra uomini natura e animali. Nulla pare eccessivo mentre in passato a volte è parso tendere troppo a indulgere nella natura, nella sua immedesimazione, in un panteismo fine a se stesso. Altro aspetto interessante del film sono le dinamiche spietate che si sviluppano all’interno della piccola comunità che paiono ricordare il nastro bianco e l’utilizzo di immagini dell’epoca che ci ricordano che non è stato un film; è un film ma è successo per davvero.
Da segnalare che il protagonista August Diehl la cui divisa nazista indossa solo in addestramento aveva già vestito i panni di un nazista in bastardi senza gloria dove Hitler faceva una brutta fine. In la vita nascosta ha una piccola parte (la sua ultima?) anche Bruno Ganz: il nazista da lui interpretato emetterà la sentenza di morte nei confronti del contadino austriaco, Ganz che era stato Hitler ne la caduta. Malick ci ricorda ancora una volta, come il poeta, che non dobbiamo domandarci quando suona la campana, per chi suona e forse si pone, ci pone un quesito più grande: avremmo noi avuto la forza di non giurare fedeltà a Hiltler (in fondo, solo parole) rinunciando a amori affetti veri? Perchè il disatro pare nascere da lì, quando si comincia a metter da parte i principi e fare quello che fanno tutti gli altri.
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