Regia di Frank Darabont vedi scheda film
Bel film carcerario, che regge bene nonostante la lunga durata, ed è molto coinvolgente. Non è quindi un caso molto frequente, oggi. Non mancano i momenti forti, con non poche scene di violenza, che però devo dire non è gratuita e compiaciuta. Del protagonista ho apprezzato soprattutto la sua non rassegnazione, il suo inestinguibile anelito di libertà, la sua perseveranza nel perseguirlo, e la sua tenace pazienza. Tim Robbins è bravo, ma forse lo è ancora di più Morgan Freeman (indimenticabili le sue comparse davanti al giudice del riesame). Il film è un'ulteriore testimonianza della disumanità di molte prigioni americane (ma non solo), dove chi vi lavora sono spesso persone sadiche che cercano quei posti solo per sfogare il loro desiderio di far soffire il prossimo, quando non può difendersi. Se, a questo proposito, il secondino è un sadico conclamato e cosciente di esserlo, molto più inquietante è il direttore, che è convinto essere un buon cristiano e di vivere secondo la legge di Dio. Forse lui è anzi più crudele e perfido del secondino, è quasi un'incarnazione del demonio. Saranno però le stesse frasi bibliche che incornicia al muro a determinare l'epilogo della sua vita. Non mancano però i crudeli neppure tra i detenuti (agghiaccianti le scene della violenza sessuale).
Il film riflette anche sul tragico rischio che si ha, non solo di abituarsi alla prigionia, ma persino di non riuscire a vivere in libertà. Il tema compare anche nel giapponese "La donna di sabbia", film per molti aspetti completamente diverso, ma che analizza il medesimo tema. Vi sono poi rimandi alla Grande Fuga (la terra fatta uscire dai pantaloni) e al Buco di Jacques Becker.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta