Regia di Kenneth Branagh vedi scheda film
Tormentato dalla prematura scomparsa della madre, il giovane medico svizzero Victor Frankenstein (Branagh) è ossessionato dall'idea di poterla riportare in vita. Inizia così a battere le strade più impervie dell'anatomia per realizzare il suo progetto, che però assume i connotati di una mostruosa creatura (De Niro), assemblaggio di parti umane prese da uomini diversi. La creatura è così orribile da suscitare l'orrore della gente, è costretta a vivere nascosta e isolata ma è d'animo gentile. Decide così di andare alla ricerca del suo creatore, lo trova e gli distrugge la vita.
Il romanzo di Mary Shelley dispensa orrore macabro e morbosità in dosi massicce: all'idea centrale dell'uomo prometeico che vuole sostituirsi alla natura e a "Dio", si aggiunge la relazione semi-incestuosa tra il dottor Frankenstein e la sorellastra (Bonham-Carter) e l'inevitabile dialettica tra bene e male. La confezione appare impeccabile: scenografie e costumi sono superbi, l'ambientazione d'epoca (siamo intorno alla fine dell'800) ben congegnata. Nelle mani di Terry Gilliam o di Tim Burton probabilmente ne sarebbe uscito un capolavoro, La messa in scena di Branagh risulta invece irritante, il suo ego non meno ipertrofico del solito, il suo narcisismo nel mantenersi costantemente al centro della scena intollerabile, la sua megalomania costantemente fuori posto. In più, il film gronda retorica da tutte le parti, i personaggi di contorno sono appena abbozzati e a tenere a galla il film c'è solo la prova maiuscola di De Niro e il romanzo che ha generato il film.
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