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El vendedor de orquídeas

Regia di Lorenzo Vigas vedi scheda film

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La recensione su El vendedor de orquídeas

di supadany
4 stelle

 

Venezia 73 – Fuori concorso.

Quando vinci un premio importante come il Leone d’oro (Ti guardo), è automatico essere attesi al varco alla prova successiva; come primo step seguente a questa incoronazione, Lorenzo Vigas sceglie una strada personale che però rimane fin troppo tale, finendo con il non lasciare ulteriori indizi sulle sue possibili qualità.

Un’opera ristretta e sincera, con pochissimi guizzi in grado di andare oltre il personaggio che racconta.

Mentre si sta dedicando all’allestimento di una mostra sugli inizi della sua carriera, Oswaldo Vigas, insieme alla moglie, si mette alla ricerca di un dipinto perduto da tempo, intitolato Il venditore di orchidee.

E’ l’occasione giusta per gettare uno sguardo sul proprio passato, a quei momenti che non si scordano mai, ma anche al futuro, nonostante la sua veneranda età.

 

Oswaldo Vigas

El vendedor de orquídeas (2016): Oswaldo Vigas

 

Anche se si tratta di un documentario, e il vero banco di prova sarà il prossimo film di finzione, c’era comunque la curiosità di vedere se anche in questa dimensione si poteva (già) ritrovare l’impronta del Lorenzo Vigas autore, anche per cominciare a ragionare in un’ottica un po’ più ampia sul suo spessore artistico.

Per questo sarà però necessario rimandare, perché nella fattispecie non si va oltre a un omaggio che riprende la figura del suo padre pittore, Oswaldo Vigas, uomo senza peli sulla lingua e dai modi bruschi, morto nel 2014 all’età di 88 anni.

Una riproposizione sterile che non abbonda nemmeno in aneddoti in grado di alimentare la curiosità e si dà una sbirciatina al suo stile; giusto il rapporto con la moglie, tra il primo incontro in assoluto e gli scontri a parole durante le riprese, ha un po’ di materiale da proporre.

In aggiunta, ci sono giusto alcune puntate in esterno, ma in questo caso gli scorci naturalistici non sono certo un valore aggiunto, e la durata limitata a circa 75 minuti lascia ancora più amaro in bocca, perché sembra quasi che non ci sia così tanto da dire o materiale di repertorio da recuperare o, come ultima ipotesi, si voleva realizzare un’opera proprio in questo modo, risicata.

Così però, a parte un minimo di correttezza formale che non si può negare, sembra quasi un’opera privata, ma quando arriva al pubblico, fosse anche solo in occasione di un Festival internazionale, non si può contare solo sull’effetto nostalgia legato alla parentela, tanto più quando non si racconta di un genio riconosciuto nel suo campo in ogni dove.

Un film sentito, nemmeno a livelli incredibili, sul piano personale, ma piatto nella proposizione.

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