Regia di Claire Simon vedi scheda film
Claire Simon dichiara: "Le Concours è il remake di un celebre film dei fratelli Lumière, 'L'arrosseur arrosseé'". Dunque, un film comico (o diversamente comico). Diciamo pure umoristico, nel senso più lato del termine. Ma è anche un documentario, in perfetto stile Wiseman. Le Concours è dunque un ibrido, un oggetto strano, che però porta alla luce situazioni ben note ed esperienze possibilmente vissute da chiunque, appostando la telecamera nell'angolo di qualche stanza e filmando, ruotando la cinepresa giusto per seguire l'azione di tanto in tanto, a tallonare zavattinianamente (ma da fermi) i volti, gli sguardi e le espressioni. La Simon tradisce il carattere à la Wiseman solo in un breve improvviso intervento fuoricampo, ma non perde in rigore né in carisma (d'altronde dimostrati nel suo ultimo documentario, Les bois dont les reves sont faits, straordinario scenario di fauna umana in un bosco parigino; e lì era tutto tranne che wiseman-iana).
Dunque, Le Concours è un documentario che guarda da dentro e da fuori allo stesso tempo le dinamiche di selezione (per l'ingresso ad una scuola di cinema) di una folla di studenti, dalla prova scritta che inesorabilmente dimezza il gruppone, fino alle prove pratica e orale, dove cominciamo a conoscere i più fortunati. Non c'è il men che minimo interesse a celebrare la scuola in questione, o a criticarla; lo scopo della Simon è di dare un rapido consulto sullo stato dell'Arte e della sua percezione nelle nuove generazioni, ma anche di concedere allo spettatore un crudo e fresco apologo sulla critica e sul giudizio.
Il film segue gli steps dell'esame di ammissione alla scuola con straordinaria freddezza, ma non distanza, non impietosendosi di fronte alle eventuali bocciature e non gioendo delle promozioni. Quasi ogni sequenza è un colloquio orale di uno studente con una commissione, e il successivo scambio di opinioni fra i professori, spesso in disaccordo e agguerriti come gli angry men lumetiani. A sbalzare dallo sfondo, e dal succedersi indefinito e impietosamente reale degli esami, è l'incredibile importanza di un giudizio, qualsiasi esso sia, e le sue insidie. Gli studenti vengono il più delle volte sollecitati e incoraggiare la propria creatività, dimostrando talvolta estri più saccenti, più umili, se non proprio ingenui. E il risultato nel bene e nel male lascia intravedere gli scampoli di una generazione con speranze non minori delle vecchie generazioni, sedute dall'altra parte del tavolo e spesso esse stesse coinvolte in attività correlate al cinema (nella commisione dell'ultima sfilza di orali il presidente è addirittura Olivier Ducastel). Pur non mettendo paletti, la Simon sembra porre l'accento soprattutto sulle difficoltà di giungere a un parere unanime per ciò che riguarda l'analisi e il commento su una persona, uno studente cui spesso viene chiesto di tutto, sia fatti vicini alle attività didattiche, sia interessi personali e aspetti privati delle loro vite. Tant'è che viene un po' paura: si può mai prendere una decisione sul futuro di uno studente sulla base del suo solo carattere, e della sua sola creatività, magari mai esercitata autonomamente?
Suggerendo tutti i vari dubbi sulla discutibile meritocrazia della situazione, la Simon conclude come aveva iniziato, con un contre-plongée sul viale d'ingresso della scuola. Una ringkomposition che riconduce il film a un punto di partenza: il modo migliore per confermare di non avere tesi da promulgare, o idee da proporre. Le Concours è realtà pura, filtrata solo (ma non è poco) dai contorni dell'inquadratura. Di certo si esce dalla sala con la salutare confusione fisiologica di fronte a tanti fatti reali ammucchiati tutti insieme: non siamo infatti lontani da un film che, non fosse stato realizzato nel 2006, avrebbe reso Le Concours un caso più unico che raro, La Classe - Entre les murs di Laurent Cantet. Che realissimo era, ma documentario non era affatto.
Presentato come evento speciale della sezione Venezia Classici a Venezia 73.
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