Regia di Carlo Vanzina vedi scheda film
"Tre colonne in cronaca", ovvero, come si fa a generare un brutto film da un ottimo soggetto di base (dal libro omonimo di Corrado Augias e Daniela Pasti). I Vanzina non ce la fanno proprio ad uscire da quelle ambientazioni patinate da jet set milanese con i suoi yuppies che parlano come ebeti, le sue segretarie sempre disponibili e giovani gnocche sposate con i magnati dell'alta finanza. Vabbè che la realtà supera le più becere fantasie (e oggi più che mai ne abbiamo le prove) ma questo non significa che si possa sostituire impunemente l'analisi critica dei costumi nazionali con il qualunquismo belante. Il film parla di una scalata finanziaria finalizzata all'acquisizione di un giornale,"l'unico libero e indipendente", assai ostico nei confronti della classe dirigente al comando. Ci sono di mezzo banchieri, giornalisti assai scaltri e finanche il terrorismo internazionale in questa storia. Che non decolla mai. L'unica nota positiva è rappresentata dalla presenza di buoni attori. Tralasciando Carlo Giuffrè, che fa poco piu' di un cameo (anche se è lui lo Spano'che sta' alla testa di tutto l'intrigo), la presenza di Massimo Dapporto e Sergio Castellitto da una certa dignita' filmica al tutto. Per non parlare di Gian Maria Volontè, il motivo per cui ho visto questo film (un atto di fede),c he viaggia sempre su altri binari cognitivi. Lui si salva sempre e comunque. Ma qui proprio non riesce a fare il miracolo di alzare il livello dell'intera baracca, come qualche volta non è capitato pure a Totò (caso emblematico in Italia di un genio che da solo alzava il livello di un film altrimenti mediocre). Il rammarico è che in mano a un Damiano Damiani (lasciando stare un Rosi o un Petri) questo soggetto, in potenza,sarebbe potuto diventare un gra bel film.
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