Regia di Guy Hamilton vedi scheda film
James Bond (Sean Connery) è sulle tracce del miliardario Goldfinger (Gert Frobe); dalla Svizzera a Fort Knox negli Stati Uniti, equipaggiato con una Aston Martin modificata, l’agente 007 bracca il faccendiere scortato dal diabolico assistente coreano Oddjob. Goldfinger attenta nientemeno che alla riserva aurea degli Stati Uniti…
Il cambio di regia, affidata per questo terzo episodio a Guy Hamilton, conferisce uno stile più dinamico alle azioni di 007, ma soprattutto situazioni e dialoghi maggiormente ironici. Le battute sardoniche sono il tratto distintivo di questo “Missione Goldfinger”, che rimane negli annali, oltre che per l’improponibile nome della Bondgirl di turno, Pussy Galore (Honor Blackman), soprattutto per la comparsa della Aston Martin modificata e superaccessoriata (che quasi soppianta totalmente nell’immaginario dei Bond-maniaci la valigetta di “A 007. Dalla Russia con amore”).
Titoli di testa ancora più fantasiosi, con figuranti dalla pelle dorata che fungono da schermi su cui scorrono immagini del film che verrà; la colonna sonora è l’omonima e celeberrima “Goldfinger”, cantata da Shirley Bassey. È un film innovativo, che nella saga segna il passaggio definitivo del personaggio principale da impeccabile agente inglese dall’aplombe inconfondibile ad avventuriero cialtrone che quasi non riesce più a rispettare le regole per cui lavora. Scompare la SPECTRE, ma i cattivi no: stavolta è quasi peggio l’orda di orientali al seguito di Goldfinger (capitanati dall’assistente muto dotato di una bombetta che affetta) che il villain stesso; negli annali rimangono Bond che sfoggia un irreprensibile smoking sotto la muta da sub e la bella Jill Masterson, concubina platonica di Goldfinger, che muore ricoperta di vernice dorata. Il terzo episodio di 007 tiene testa ai primi due episodi, anche se i troppi cambiamenti lo rendono quasi astruso.
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