Regia di Daniele Luchetti vedi scheda film
L’appassionato professor Vivaldi insegna lettere in un istituto tecnico nella periferia romana, amato e sfruttato dagli studenti e detestato dai colleghi ad eccezione della professoressa di matematica Majello. L’ultimo giorno di scuola la collega Gana gli confessa: sai che Majello ha un amante a scuola? E sai dove me ne sono accorta? A Verona, durante la gita scolastica. Mentre il soffitto della biblioteca crolla, uccidendo probabilmente l’anziana collega Serina, proprio nell’ultimo giorno di servizio, Vivaldi deve interrogare molti alunni, tra cui Cardini, molto abile nell’imitare il ronzio della mosca, deve presenziare al consiglio della classe IV E e deve scoprire chi è l’amante di Majello. Il sospettato principale è il bastardissimo vicepreside Sperone, ma i ricordi ritornano alla gita a Verona e tutto, infine, torna.
Era dal capolavoro Diario di un maestro di Vittorio De Seta che la scuola italiana non trovava una sua narrazione. Partendo dagli scritti del professor Domenico Starnone, apparsi prima sul manifesto e poi relegati ed ampliati in volumi felicissimi (Ex Cattedra e Sottobanco), Daniele Luchetti e gli sceneggiatori Stefano Rulli e Sandro Petraglia costruiscono una bellissima commedia agrodolce, intelligente e leggera, dalla parte dei docenti che “ancora ci credono” e non si abbandonano alla frustrazione. Non è un caso che l’unico personaggio davvero positivo, Vivaldi, sia in fondo anche un ingenuo se non proprio un fesso, tanto convinto, sovente a ragione, di sapersi connettere sulla lunghezza d’onda dei suoi ragazzi quanto incapace di accorgersi di ciò che gli accade sotto al naso (proporrà, alla fine del film, di istituire, per il successivo anno scolastico, un seminario sull’attenzione).
Gli altri docenti, dall’odioso e ridicolo Sperone (un eccellente Fabrizio Bentivoglio) al lamentoso Mortillaro (Roberto Nobile) passando per lo sfaccendato Cirrotta (Antonio Petrocelli), la petulante Ostia (Gea Martire), la pigra Gana (Anita Zagaria), il pigro Mattozzi (Vittorio Ciorcialo) fino all’ignorantissimo preside (Mario Prosperi) e contando pure l’insicura Lugo (Enrica Maria Modugno), sono deliberatamente bozzetti plausibili a metà tra la cronaca e la caricatura, in un sapiente gioco di cognizione di causa (Starnone) e rielaborazione (Rulli e Petraglia). La Majello della solare Anna Galiena, invece, è un po’ la docente ideale per empatia e competenza, mentre la Serino della lieve Anita Laurenzi incarna l’idea di una scuola inquieta ed immutabile («Ci hai fatto caso, Vivaldi? A noi professori capita una cosa spaventosa: i nostri ragazzi non invecchiano mai, vengono qui giovani e se ne vanno che sono ancora giovani. E noi? Noi invecchiamo al posto loro. Ma cos’è, un film dell'orrore? Un effetto speciale?»).
E i ragazzi? E i ragazzi sono sempre gli stessi, sospesi tra leggerezza e incertezza in un contesto onestamente medio-basso. La scuola ideale elaborata in un cartellone è forse l’unica vera caduta di stile assieme all’urlo pacifista in classe: un’idealizzazione che conferma l’idea di un cinema non sempre in grado di cogliere il pessimismo di una generazione. Tuttavia, meglio di tanti altri film coevi, La scuola sa parlare di e a quel pubblico lì, perché nasconde una terribile riflessione sull’isolamento della condizione giovanile ben interpretata dalla mosca di Cardini, deus ex machina di questa storia, che arriva, punge e vola via come una mosca che non trova altri modi di comunicare ciò che non sa o non può dire. Resta a tutt’oggi l’apice della carriera di Luchetti, ispiratissimo nei leggiadri movimenti di macchina ispirati a quelli di una mosca invisibile e comunque presente. E resta il capolavoro d’attore di un immenso Silvio Orlando.
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