Regia di Wolfgang Petersen vedi scheda film
Pensateci bene prima di abbandonare la vostra scimmietta in un bosco, potreste rischiare di mettere a repentaglio la sopravvivenza dell'intera razza umana... Questo ci consigliano piuttosto caldamente gli sceneggiatori del Virus letale di Wolfgang Petersen, ovvero il semi-esordiente Laurence Dworet e il Robert Roy Pool che metterà mano al soggetto di Armageddon: peccato che saccheggino abbastanza impunemente (e senza accreditarne l'ispirazione) un best-seller di Richard Preston, giornalista e romanziere, che nel suo The Hot Zone, pubblicato nel 1994 sulla base di un suo iniziale articolo sul New Yorker incentrato sui raccapriccianti effetti delle epidemie infettive e sul terrorismo batteriologico, affrontava identici argomenti. Il virus Ebola descritto nel libro viene ribattezzato Motaba, dopodichè la macchina hollywoodiana si mette all'opera per massacrare l'attendibilità scientifica del testo ispiratore a colpi di mannaia: Petersen infiocchetta un cast all-star (Dustin Hoffman, Rene Russo, Morgan Freeman, Kevin Spacey, Donald Sutherland, Cuba Gooding jr.) in una confezione spettacolare iperpatinata (dai luccicanti lustrini della fotografia di Michael Ballhaus alla magniloquente colonna sonora di James Newton Howard) e si lancia a briglie sciolte nei territori rodati del fanta-thriller, gravandolo, però, dell'incedere monolitico dell'apologo sulle storture del progresso tecnologico e disperdendo la tensione del dramma tra dialoghi raccapriccianti ("Questo è il virus più brutto che abbia mai visto e lei sa che ne ho visti tanti", ma non è male neanche "Lei è pur sempre un medico, il giuramento d'Ippocrate se lo ricorda?"...), personaggi stereotipati e monodimensionali e psicologie tagliate con l'accetta. Cassandra Crossing, di certo non un capolavoro, affrontava le stesse vicende con un'essenzialità spettacolare e una dignità drammaturgica che, al confronto con Petersen, il George Pan Cosmatos che lo diresse sembra Murnau, e proprio da quel film Virus letale riprende la catena di contaminazioni, la drammatica lotteria di infezioni delle casuali vittime, lì i passeggeri di un treno, qui abitanti ed animali sparsi negli Stati Uniti, contagiati da un virus aerobico (proprio così!) e mortale tra aeroplani, ospedali, cinema affollati, nella ritrita moltiplicazione e reiterazione di consuete dinamiche narrative del filone catastrofico anni Novanta, ridondante ed inzuppato di retorica fino al fastidio. Senza contare, poi, che Petersen, di solito molto più incisivo e stringato quando può destreggiarsi a piacimento nei ritmi vertiginosi dell'action movie, si lascia prendere la mano dalla vicenda, allungandola oltre misura (quando invece avrebbe necessitato di almeno una mezz'ora di sforbiciate) per lo "gioia" di ogni malcapitato spettatore.
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