Regia di Pietro Germi vedi scheda film
Il penultimo e il peggior film di Germi è anche quello che più denuncia i limiti della sua retorica passatista. In pieno periodo di contestazione era normale che qualcuno avesse una sorta di ripulsa verso chi, spesso in maniera semplicistica, buttava tutto nel cesso, ma qui il laudator temporis acti Germi esagera nel senso opposto. E, quel che è peggio, realizza un film che non sta né in cielo né in terra. Sembra una specie di parabola del topo di campagna e del topo di città, opportunamente riveduta e corretta, ma senza alcuno spunto inventivo che non si risolva in un risaputo invito a tornare alle radici. Mario Sesti, autore di una delle opere più importanti sul regista genovese, dedica al film poche paginette e lo bolla così: «il risultato è pietoso». Ed in effetti non c'è niente che richiami la riconosciuta abilità germiana nel confezionare un prodotto solido, nel proporre un'etica umanista, quanto meno nel saper dirigere gli attori. Qui, infatti, se Stefania Casini può proporre almeno un'ingenua freschezza, Gianni Morandi, nonostante un paio di baffi che ci stanno come i cavoli a merenda, sembra sempre sul punto di intonare "Fatti mandare dalla mamma". "Le castagne sono buone" resta, a distanza di 38 anni, un prodotto d'epoca anche interessante, ma reazionario e retorico. (22 giugno 2008)
Un giovane regista televisivo s'innamora di una brava ragazza di campagna.
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