Regia di Carlo Mazzacurati vedi scheda film
Come ne "La lingua del santo", Mazzacurati segue il rocambolesco percorso di una coppia (improvvisata) di amici del nord-est, i quali, dopo un furto compiuto un po' per caso, e a mo' di riscatto sociale, si trovano alle prese con un bottino che scotta ed è, in senso letterale o figurato, estremamente ingombrante. Il regista coglie l'occasione per tracciare lo spaccato di un certo mondo maschile, istintuale, ma mai feroce, e, anzi, in fin dei conti, innocuo e perdente, del quale l'animale protagonista è l'incolpevole e pacifico emblema. L'ambientazione scelta è quella dell'Europa post-comunista, segnata dalle guerre interne e dagli scontri tra vecchi e nuovi poteri politico-economici, che vivacchia di baratti, compromessi e piccoli soprusi quotidiani. Le poche figure femminili (la giovane vedova, la sposa, l'anziana devota) compaiono sullo sfondo, come icone mute e sorridenti, che sembrano messe lì a rassicurarci, sia pur timidamente, che l'umanità e l'innocenza continuano, nonostante tutto. Un film apprezzabile per la pacatezza e l'equilibrio dei toni, oltre che per la totale astensione da ogni giudizio morale. Ancora una volta lo sguardo del regista si posa su tutti i personaggi con imparzialità, riservando a ciascuno la stessa disincantata benevolenza.
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