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Un matrimonio

Regia di Robert Altman vedi scheda film

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La recensione su Un matrimonio

di supadany
8 stelle

Robert Altman torna a cimentarsi con il cinema corale e un matrimonio è un avvenimento - o semplice pretesto – di condivisione collettiva, ideale per portare a contatto un ampio ventaglio di personalità, anche molto differenti tra loro, tali da originare autentici fuochi d’artificio.

Dopo la celebrazione del matrimonio in chiesa, le famiglie Corelli e Brenner si recano al ricevimento, pensato in grande, predisposto nella villa dei primi.

Appena gli ospiti arrivano sul posto, l’infermiera scopre il decesso di Nettie, capostipite della dinastia Corelli, ma per non rovinare la giornata di festa viene deciso di tenere la notizia segreta.

È solo l’inizio di una serie di azioni che testimoniano tanti vizi, anche insospettabili.

 

 

Con Un matrimonio, Robert Altman conferma, qualora ce ne fosse (ancora) bisogno, di essere sempre a suo agio quando entra nel territorio della coralità – nel film si aggirano liberamente una cinquantina di personaggi diversi - e un matrimonio, con annesso un decesso nascosto, è un fiorire di incontri inaspettati, rivelazioni scioccanti, azioni sventurate e malintesi.

Appare subito evidente come venga schernita la leggerezza con la quale l’essere umano è portato a muoversi nella sua esistenza, in questo aspetto è esemplare la figura del dottore, che aggira ogni problema pensando solo al bicchiere successivo.

Più in generale, l’umorismo è tagliente, a volte proprio debordante, e Robert Altman graffia - e colpisce - a ripetizione, con l’inserimento di azioni destinate a susseguirsi ininterrottamente. Se i valori morali sono sventolati da più personaggi, la realtà, nascosta sotto la coltre, rivela anime ben diverse: quasi tutti hanno uno scheletro nell’armadio, o magari stanno pensando di crearne uno (la mamma della sposa che sembra pronta a cedere alle lusinghe di un ospite ardimentoso), e può bastare un attimo per passare dall’ira all’affetto (quando i fratelli, nella finzione Vittorio Gassman e Gigi Proietti, si ritrovano) o dal pianto alla gioia, con un incidente nel quale sono credute morte le persone sbagliate.

Robert Altman maneggia i personaggi senza peli sulla lingua mentre tra gli altri interpreti, Vittorio Gassman, che nella versione in lingua originale sforna affermazioni in italiano, soprattutto quando la concitazione prende il sopravvento, si ritaglia la parte del mattatore e Mia Farrow polarizza l’attenzione interpretando una giovane che va ben oltre le concezioni del tempo - ma anche oggi non scherzerebbe - in fatto di sesso.

A emergere è comunque un insieme colorito e ampiamente coltivato, il riquadro raffigurante la mancanza di una direttrice morale diventa sempre più compiuto, per quasi due ore di sviluppo che sormonta personaggi e azioni, rischiando di eccedere, nella ripetizione qualche caricatura può stancare o apparire eccessiva, ma indubbiamente cogliendo l’obiettivo di partenza, denotando anche un’abilità descrittiva d’insieme e una coerenza di spirito che rimangono caratteristiche salienti e indubitabili dell’autore di Kansas City.

Vivace (senza freni inibitori) e sarcastico (senza inutile pudore).

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