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Un matrimonio

Regia di Robert Altman vedi scheda film

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La recensione su Un matrimonio

di cheftony
7 stelle

Non riesco a pensare a un avvenimento più felice del matrimonio. Eppure – chissà perché? - quando finisce diventa così triste…“

 

Una pomposa fanfara accompagna all'altare la sgraziata Meringa Brenner (Amy Stryker) e lo stupidotto Dino Corelli Sloan (Desi Arnaz Jr.), figlio di un ex-cameriere italiano, Luigi (Vittorio Gassman), arricchitosi forse tramite collegamenti con la mafia e il matrimonio con la bella e facoltosa Regina (Nina Van Pallandt). Alla cerimonia, officiata da un monsignore decrepito e smemorato (John Cromwell), partecipano solo pochi intimi, per poi proseguire i festeggiamenti nella fastosa tenuta dei Corelli, ai quali però non si reca pressoché nessun invitato aggiuntivo.

La famiglia Corelli ha un'impostazione matriarcale: la madre di Regina, però, la vecchia Nettie (Lillian Gish), già sofferente e debilitata, muore all'improvviso sotto gli occhi dell'infermiera e dell'organizzatrice del matrimonio Rita (Geraldine Chaplin); per non rovinare la festa, il dottor Meecham (Howard Duff) decide di non divulgare a nessuno l'infausta notizia per continuare a tracannare senza pensieri.

Il convivio prosegue, fra balli, ubriacature e situazioni imbarazzanti; non ne è esente nemmeno la rigida Tulip (Carol Burnett), la madre della sposa, circuìta dal corpulento Mack (Pat McCormick), peraltro appena conosciuto. Come se non bastasse, suo marito (Paul Dooley) viene a sapere che un'altra sua figlia (Mia Farrow) è stata messa incinta da Dino Corelli. In coincidenza col temporale che si scatena fuori, giunge anche l'indesiderato fratello di Luigi, Dino Sr. (Gigi Proietti). Il putiferio ha inizio…

 

 

Scritto a otto mani con John Considine, Allan F. Nicholls e Patricia Resnick, “Un matrimonio” - leggenda vuole – prende forma da una risposta ironica che Robert Altman diede ad una giornalista desiderosa di strappare informazioni sui progetti futuri del regista di Kansas City.

Altman estremizza il suo stile elevando la coralità a principale obiettivo e non può essere altrimenti, vista la schematicità dell'assunto: i 24 protagonisti di “Nashville” diventano qui ben 48, equamente divisi per la caratterizzazione fra i quattro sceneggiatori. Vien da sé che diversi personaggi risultino inevitabilmente poco memorabili, se non addirittura difficilmente individuabili, visto che qui sono tutti radunati nella stessa location. Quasi paradossalmente, a tale opulenza Altman oppone un approccio molto sintetico, circoscrivendo il tutto in un film di due ore scarse di durata (mediante un montaggio non sempre felice), grazie a molte vicende che esplodono e collassano all'improvviso, in un modo che definirei perfino frettoloso.

Un matrimonio” - è innegabile – è un film più che godibile, di cui seguire il caotico flusso e di cui ridere beffardamente, che ruota intorno a personaggi messi alla berlina. Che siano membri di un'agiata famiglia o esponenti ecclesiastici, sono tutti meschini, viziosi, ingenui, rozzi, gretti, infedeli, profittatori. All'arricchimento materiale dei parvenu non è mai corrisposto alcun arricchimento di valori e la celebrazione di un matrimonio, istituzione ipocrita e fallimentare per tutti, non è che l'occasione per far emergere ogni difetto oltre la facciata: questa la semplice morale, richiamata più volte tramite una struttura narrativa a suo modo circolare (una morte all'inizio e altre due alla fine, tutte pressoché ignorate in favore di altri interessi).

In mezzo a tanto carnaio di individui tutta apparenza e poca (orrida) sostanza, chi riesce a svettare? A costo di rischiare il campanilismo, cito un Vittorio Gassman giganteggiante, che nel 1978 tornava dopo molti anni (cioè dai tempi del matrimonio con Shelley Winters) a cimentarsi con una produzione americana e con la lingua inglese, che padroneggiava agilmente come il suo campionario di manierismi. Degni di nota anche i suoi duetti con uno stranamente imberbe Gigi Proietti, il quale entra in scena tardi ma regala bei momenti, al pari di Howard Duff, di una muta e inconsueta Mia Farrow e della brava Geraldine Chaplin, anche qui ad interpretare un'intrusa, a tratti invadente e imbarazzante, come in “Nashville”.

Un matrimonio” è un'autoproduzione, figlia di un desiderio sempre più crescente di affrancarsi dai produttori hollywoodiani e dalla logica del profitto. Ma, nonostante il budget contenuto, non fu un successo e contribuì, insieme al successivo “Quintet”, a far sprofondare Altman nel suo decennio più nero.

 

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