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Giovani, carini e disoccupati

Regia di Ben Stiller vedi scheda film

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La recensione su Giovani, carini e disoccupati

di mm40
4 stelle

Questa è la prima regia cinematografica del già affermato Stiller, che si era precedentemente fatto un po' di esperienza registica in tv, firmando il suo Ben Stiller show; nonostante le apparenze (e la traduzione italiana del titolo, che in origine era Reality bites), Giovani, carini e disoccupati è qualcosa di più che una blanda commediola sentimentale giovanile. Osservata a distanza di anni risulta infatti inquadrare a perfezione lo spirito di un'epoca - e non solo negli States, ma di tutto il mondo occidentale - e i ritratti dei quattro protagonisti (il quinto è lo stesso Stiller, con un ruolo leggermente marginale) raccontano quegli anni e i ragazzi che ebbero la fortuna di trascorrerli. Sì, perchè un pregio il titolo italiano a dirla tutta ce l'ha: quel 'disoccupati' è infatti uno degli elementi centrali della storia; la disoccupazione giovanile era ai tempi una scelta personale, una maniera per rimandare l'ingresso nella vita adulta (consapevolmente, ma pur senza ammetterlo) e non quella tragedia collettiva che una quindicina di anni dopo sarebbe diventata. Ma sul discorso sociologico e sulle considerazioni attorno alla 'beata gioventù' (sì, un certo qual tono instant-nostalgico non manca) prevale in ogni modo la trama amorosa nella sceneggiatura firmata da Helen Childress, cosa che sminuisce ovviamente la portata dei contenuti del film. Godibile, certo, e con buoni interpreti (oltre al citato regista: Winona Ryder, Ethan Hawke, Janeane Garofalo e, in una particina, la quasi esordiente Renée Zellweger), ma allo stesso modo un prodotto - non tanto formalmente, quanto - sostanzialmente in linea con i coevi telefilm per adolescenti e post-adolescenti del calibro di Beverly Hills 90210 e Melrose Place. Per tutti questi motivi, e per la colonna sonora a base di rock contemporaneo (d'altronde quello era il genere che andava per la maggiore ai tempi), Giovani, carini e disoccupati può ritenersi 'manifesto generazionale' molto più di Singles (Cameron Crowe, 1992), ma comunque meno di Clerks (Kevin Smith, 1994). Nulla di nuovo neppure nella morale: le donne scelgono il partner belloccio che le tratterà come stracci, piuttosto che quello normale che le ama veramente. E sì, lo fanno anche gli uomini, a scanso di equivoci. 4,5/10.

Sulla trama

Quattro amici poco più che ventenni cercano lavoro: qualcuno prende la cosa seriamente, qualcun altro preferisce rimanere disoccupato in cerca di tempi migliori; allo stesso modo si snodano le loro vicende sentimentali.

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