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Grattacielo tragico

Regia di Henry Hathaway vedi scheda film

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La recensione su Grattacielo tragico

di munnyedwards
7 stelle

 

Dopo aver scontato una pena per un crimine che non ha commesso (almeno non volontariamente) il duro Bradford Galt (Mark Stevens) tenta di rifarsi una vita come investigatore privato, lasciatosi alle spalle il losco collega Jardine (Kurt Kreuger) si consola tra le braccia della disponibile e sveglia segretaria Kathy (Lucille Ball).
Tutto sembra andare per il meglio, almeno fino a quando il passato non torna a tormentarlo sotto forma di un misterioso individuo vestito di bianco (la faccia da galera è quella di William Bendix), l'uomo prima lo segue da tutte le parti e poi lo minaccia apertamente coinvolgendolo infine in un delitto.
In realtà Gault è vittima di una macchinazione complessa e ben orchestrata, una pedina sacrificabile in un gioco oscuro e senza regole…ma chi è l’altro giocatore?

 

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Come spesso accade il titolo italiano è del tutto fuorviante, in una delle scene piu emozionanti l’azione si svolge in un grattacielo (il Grant Building) ma lo spirito del film e la sua natura profondamente noir viene certamente meglio resa dall’originale The Dark Corner.
Come consuetudine nel genere la trama si sviluppa in modo contorto e per il nostro protagonista le cose si metteranno davvero male, una morsa invisibile lo stringerà in un angolo oscuro, dal quale uscirà solo grazie all’aiuto della sua giovane e attraente segretaria.

Henry Hathaway si conferma ancora una volta regista dalle mille risorse, non importa il genere di film che è chiamato a dirigere (western, guerra, commedia o noir), il risultato è quasi sempre di livello superiore, un lavoro certamente professionale e spesso dal buon successo commerciale, Hathaway negli anni ’40 si è spesso cimentato con la crime-story e le sue prove sono sempre state all’altezza, soprattutto quando il suo stile si è mantenuto rigoroso ed essenziale, privilegiando una dimensione il più possibile realistica (La casa della 92a strada e Chiamate Nord 777 sono esempi significativi).

 

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The Dark Corner non si dimostra da meno, uscito nel ’46 e quindi nel periodo più rigoglioso per il noir sviluppa un soggetto ben articolato e assai caratteristico, la sceneggiatura firmata Jay Dratler è frizzante e ricca di battute fulminanti, una prerogativa vincente che alla fine risulterà il vero punto di forza della pellicola.
Fin dall’inizio saranno infatti i dialoghi spigliati e ricchi di doppi sensi a scandire i tempi del racconto, il gioco amoroso tra Gault e la sua segretaria vive di buoni momenti, poi con l’ingresso in campo di Hardy Cathcart (veramente straordinario Clifton Webb) il film decolla e lo spettatore non può che seguire con sempre maggior interesse lo sviluppo della vicenda.

La regia di Hathaway è pienamente al servizio della storia, nessun virtuosismo e nessuna ricerca estetica, a dominare è il lineare e funzionale lavoro di un grande mestierante di Hollywood, il film scorre che è un piacere vivendo i suoi momenti migliori in diverse sequenze, la già citata scena del grattacielo, l’omicidio, l’interrogatorio dell’uomo in bianco e il monologo sull’amore (che diventa possessione) dell’aristocratico Cathcart.

 

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Se proprio dobbiamo trovare una pecca la riscontriamo nel finale forse troppo sbrigativo e “fortunoso”, ma in fondo il povero protagonista ne aveva passate talmente tante che non ci scandalizziamo se la sorte, finalmente, è girata dalla sua.
Molto buone le prove degli attori e se Mark Stevens non ha ovviamente la personalità di un Bogart o un Mitchum (lo so, il paragone è impietoso), la sua collega di ventura Lucille Ball se la cava egregiamente fra ammiccamenti e provocazioni, Bendix nel ruolo del bastardo da due soldi è perfetto mentre il grande Clifton Webb ruba la scena a tutti e dopo l’ottima prova in Vertigine (Preminger - 1944) torna ad indossare i panni di un ricco aristocratico ossessionato dalla bellezza e vittima di un amore impossibile.
Visto in lingua originale, come capita per molti film del dopoguerra il doppiaggio italiano non è quello storico ma un lavoro più recente, non proprio inascoltabile ma quasi.

Voto: 7.5

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