Regia di Vincent Sherman vedi scheda film
New York, 1914: la frivola rampolla di una famiglia in declino economico ha molti corteggiatori, ma per salvare il fratello dal disonore ne sposa il principale (l’ebreo Skeffington), a cui il giovane aveva sottratto del denaro. Poi il fratello muore in guerra, e il matrimonio non ha più ragione di stare in piedi: la donna passa il tempo con i suoi cicisbei, il marito con le sue segretarie, si arriva al divorzio e la bambina viene affidata al padre. Fino a questo punto il ritmo si mantiene splendidamente brioso e leggero, nonostante la vicenda melodrammatica. Poi l’equilibrio si rompe: si assiste a un accumulo piuttosto meccanico di situazioni forti (difterite, spettrale cena con gli ex pretendenti, rivalità amorosa tra madre e figlia) fino alla scena madre finale, con il marito diventato cieco e riaccolto in casa, e ci sono alcuni elementi introdotti e appena accennati (psicoanalisi, nazismo). A Bette Davis il ruolo dell’ereditiera viziata riesce bene; ma qui, diversamente che altrove (Tramonto, Figlia del vento), la sua redenzione non è completa, essendo determinata soprattutto dal terrore di una vecchiaia solitaria: a dirla tutta, il personaggio se la cava troppo a buon mercato. Ottimo Claude Rains, marito devoto e paziente che agisce sottotraccia: è lui il vero protagonista (non a caso il titolo originale era Mr. Skeffington), e nella seconda parte il film risente della sua lunga assenza dalla scena.
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