Regia di Robert Zemeckis vedi scheda film
Esiste una differenza fondamentale fra chi è buono e chi è tonto: è buono chi sa riconoscere il bene e lo mette in pratica, è tonto chi non sa distinguere il bene dal male e non si rende conto di ciò che fa. Zemeckis ci presenta un leggero ritardato mentale e cerca di convincerci che è un buono. Ma Forrest Gump non è buono, non conosce né pratica consapevolmente il bene; si trova disorientato in un mondo che non comprende, riesce sempre trionfatore ma sempre per puro caso: i pacifisti lo applaudono sulla fiducia perché, a microfono spento, non hanno sentito nulla del suo discorso (che difficilmente sarà stato in stile “I have a dream”); la donna della sua vita lo sposa solo per affidare a qualcuno il proprio bambino prima di morire (incidentalmente, trovo fastidioso questo affastellamento: Presley e Kennedy, Vietnam e Watergate, Apple e Aids, come se si avesse paura che manchi qualcosa). Date a Forrest l’incarico di azionare il meccanismo della camera a gas in un campo di sterminio: non solo eseguirà alla perfezione il compito, ma alla fine non avrà coscienza di ciò che ha fatto, continuerà a essere innocente come un bambino in quanto non responsabile delle sue azioni (l’innocenza: ecco la qualità che piace tanto agli ammiratori del personaggio). Per lui è stato chiamato in causa Capra, del tutto a sproposito: gli eroi di Capra sono sempre buoni, mai tonti; sono gli altri a considerarli tonti, salvo magari ricredersi e passare dalla loro parte (rivedere Mr. Smith va a Washington: il politico corrotto e la sua assistente cinica sono vinti dall’onestà e dalla coerenza di James Stewart, non certo dalla sua balordaggine). Un film, più che brutto, profondamente disonesto.
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