Regia di Antonio Pietrangeli vedi scheda film
La legge Merlin dispose nel '58 la chiusura delle case di tolleranza.
Pertanto per quattro prostitute di nome Adua (Simone Signoret), Lolita (Sandra Milo), Marilina (Emmanuelle Riva) e Caterina (Gina Rovere) si prospetta una vita tra espedienti e marciapiede.
Tuttavia la più pragmatica delle quattro, Adua, ha in progetto quello di acquistare fuori Roma un casolare mal ridotto ma a buon prezzo per riabilitarlo a locanda con camere.
La licenza cerca di ottenerla con la complicità di un notabile del posto, già suo cliente, al quale corrisponderà un l'auto compenso, soprattutto una volta che alla attività di ristorazione si unirà quella delle attività sessuali nelle camere.
Molte sono le difficoltà, e nemmeno i dissidi tra le quattro mancano, ma poco per volta la ristorazione diviene un bell'affare, al punto che le quattro decidono serenamente di poter fare a meno, finalmente, della prostituzione, magari trovando un uomo onesto con cui legarsi.
Questa decisione tuttavia desterà le ire del notabile finanziatore che, vistosi venir meno la principale fonte di guadagno, si vendica nel peggiore dei modi, ricacciando sul marciapiede le quattro povere e volenterose amiche.
Da una solida sceneggiatura scritta a quattro mani tra quattro pilastri della commedia italiana come furono Antonio Pietrangeli, Ettore Scola, Tullio Pinelli e Ruggero Maccari, Adua e le compagne sfrutta l'avvenimento della chiusura delle case chiuse per raccontarci, con stile realista e una stretta aderenza alle sfumature caratteriali che delineano le straordinarie figure di donna protagoniste, un esemplare caso di sfruttamento femminile anche e soprattutto nel periodo in cui una legge un po' superficiale ed ottimista si proponeva con vaghezza di tutelarle e proteggerle.
Simone Signoret giganteggia tra le quattro, ma anche la Riva si ritaglia siparietti da donna isterica e madre inadeguata e complessata notevoli.
La "Sandrocchia" nazionale, recentemente compianta, non perde occasione per tratteggiare i panni un po' caricaturali, un po' teneri ed erotici, di una femmina ingenua e al tempo stesso civettuola, la stessa che fece perdere la testa o quasi al gran maestro Fellini.
Un finale inesorabilmente pessimista ma in fondo assai realista conclude amaramente l'impresa eroica di quattro donne orgogliose e stufe di sfruttamento, destinate purtroppo a tornare nella condizione sin peggiore a quella da dove sembravano uscite.
Marcello Mastroianni si ritaglia un ruolo secondario ma importante di adorabile canaglia, impersonando un inguaribile sciupafemmine e venditore piuttosto truffaldino di auto usate.
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