Regia di Terence Young vedi scheda film
La fondazione della spy story cinematografica come ancora oggi la conosciamo.
La fondazione della spy story cinematografica come ancora oggi la conosciamo – poi copiata a destra e a manca, da Matt Helm a Mission: Impossible – avviene qui: le location esotiche (in tal caso giamaicane), i villain diabolici e stravaganti (il dottor No di Joseph Wiseman, con le sue nerissime mani lucide), la Guerra Fredda (con dolente accento sui mali sociali e ambientali prodotti dal neoimperialismo britannico), i gadget, l'azione (gli innovativi inseguimenti in auto), la brillantezza ironica delle battute e del clima, le conturbanti e lussuose scenografie (di Ken Adam), i titoli di testa optical (curati da Maurice Binder, autore anche della celebre gunbarrel sequence in apertura, dove un uomo elegantemente vestito si volta di scatto e spara verso l'obiettivo della macchina da presa, virtualmente inserita nella canna di una rivoltella). La formula è ancora in via di definizione, ma ingrana già a livelli di eccellenza. Nei panni della spia donnaiola e fascinosa dei romanzi di Ian Fleming, lo scozzese Sean Connery, allora sconosciuto, entra subito nel mito, accendendosi una sigaretta mentre dice di essere "Bond, James Bond" e restando poi incantato dal bikini bianco della splendida Ursula Andress, prima Bond girl. Il copione di Johanna Harwood, Richard Maibaum e Berkley Mather serba idee assai intriganti (il capello "rivelatore" incollato alla porta con la saliva, la lotta notturna con la tarantola). A dirigere è Terence Young, regista di tre film per la saga.
Ormai leggendario il tema inventato da Monty Norman. Musiche del gigantesco John Barry.
Voto: 8 — Film OTTIMO
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