Regia di Terence Young vedi scheda film
Ho sentito spesso mia moglie ripetere a nostro a figlio quanto sia utile, qualche volta, annoiarsi. La noia alimenta la fantasia e mette in moto il cervello bisognoso di trovare ristoro in qualche passatempo che scacci l'ombra dell'inedia. Fu proprio la "noia della vita coniugale" a suggerire al giornalista scozzese Ian Fleming di intraprendere la carriera di scrittore. Senza un monotono menage con la contessa Anne Geraldine Rothermere l'ex ufficiale della marina britannica non si sarebbe sottoposto agli estenuanti rituali di scrittura che seguí alla lettera per tutta la carriera, rituali che, a mio modesto parere, avrebbero reso opprimente qualsiasi matrimonio, se praticati, ossessivamente, al di fuori del lavoro. Per raccogliere le idee e scrivere liberamente Fleming soggiornava nei mesi invernali nella propria villa in Giamaica. Beato lui. Lì buttava giù le duemila paroline al giorno che gli avrebbero permesso di completare il romanzo di turno. Il tutto nell'arco di tre mesi. Non un giorno di più. La routine per qualcuno pesa come un macigno, per qualcun altro è essenziale. Lo dimostra la pubblicazione puntuale dei dodici romanzi di Fleming che avveniva regolarmente in primavera.
Nonostante la copiosa e costante produzione letteraria l'amore tra Fleming e il cinema non fu immediato. Lo scrittore cercò, in più occasioni, di trasformare le sue opere in pellicole ma i progetti di una trasposizione cinematografica fallirono con la stessa costanza con cui l'autore soleva scrivere i propri racconti di spionaggio. Alla fine, a dieci anni dal suo primo libro, furono i rampanti Harry Saltzman e Albert Broccoli a trasformare in un film l'opera di Fleming. Il sesto romanzo, per l'esattezza, quel "007 Licenza di uccidere; il dottor No", in cui erano evidenti i legami tra lo scrittore e l'isola caraibica che l'ospitava tutti gli inverni.
Il primo dei film di James Bond uscì nel 1962 quando Fleming aveva già dieci romanzi alle spalle. Tra i motivi che fecero naufragare i progetti cinematografici dello scrittore vi era l'eccessiva carica erotica, per la morale americana degli anni '50, e il contesto fin troppo britannico in cui si muoveva la spia. La casa di produzione seppe minimizzare tali difficoltà, epurando le pagine dai particolari più controversi, senza modificare, in maniera indelebile, il personaggio nato dalla penna di Fleming. Nonostante divieti intransigenti e codici di moralità imperanti in un'ora e mezza il raffinato James Bond riusciva a sedurre un interessante campionario di bellissime e nubili fanciulle che cadevano, una dietro l'altra, colpite dal fascino magnetico dello 007 di sua maestà. Naturalmente il regista Terence Young lasció che fosse la galoppante immaginazione del pubblico a proseguire i piccanti incontri con le brunette di turno e quello audace e altamente ironico nella barca alla deriva. Nonostante le difficoltà di stesura ed i tagli apportati rimane, ancor oggi, innegabile il fascino erotico sprigionato da Eunice Gayson, che sfoggiava la camicia di Bond in camera da letto, mentre il bikini succinto con fibbia e cintura disegnato da Ursula Andress rimase nell'immaginario collettivo così come il corpo che lo indossava. La sequenza in spiaggia in cui faceva l' ingresso in scena la bionda e dolce Honey, bagnata d'acqua marina e sale, è palesemente carica di riverberi sessuali. Le bellissime conchiglie dalla vaga forma uterina e il fallico pugnale dalla lunghezza di una spanna lasciavano inebetito lo 007 mentre Ursula Andress diventava la prima (e fortunata) "Bond Girl" cinematografica.
Sean Connery, che era stato considerato dai produttori e dal regista come la "riserva delle riserve" divenne un divo incarnando il personaggio dell'eroe dall'eleganza sbarazzina. C'è da giurare che, mezzo nudo nel letto della spia del Dottor No, abbia scatenato picchi incontrollabili di serotonina nel pubblico femminile. Vestito di tutto punto, vodka alla mano, divenne, probabilmente, esempio di stile, tra gli emuli maschili che speravano di ottenere gli stessi carismatici traguardi con le donne indossando uno smoking e maneggiando un bicchiere.
Sul fronte dei contenuti credo che all'origine della scelta del sesto romanzo di Fleming ci fosse l'ambientazione caraibica che dava un tocco esotico all'azione. Inoltre il romanzo tradiva una palese similitudine col celebre capolavoro di Jules Verne "20 mila leghe sotto i mari" la cui somiglianza mi è sembrata evidente nell'accostamento del Dr. No al Capitano Nemo con il quale condivideva il disprezzo per la società. La base "segreta" di Crab Key, dal design futuristico, assomigliava al celebre Nautilus ed, infine, la presenza di alcuni prigionieri (Bond e Ryder) e le loro titubanze di fronte ai fini del loro ospite portavano facilmente il pensiero al fiociniere Ned Land e al professor Pierre Aronnax le cui rimostranze etiche non erano ben viste dal rivoluzionario capitano del Nautilus. Tali similitudini rendevano la storia familiare e permetteva al pubblico di riconoscersi in un capolavoro già letto e amato durante l'infanzia. In realtà la scelta di Saltzman e Broccoli ricadde su "Dr. No" per questioni pratiche. Il romanzo si adattava, meglio di altri, ai capitali messi a disposizione dalla EON Production il cui budget era limitato. Il racconto era ambientato prevalentemente in Giamaica e gli scenari da ricreare erano pochi. Ciò permise alla produzione di i ridurre costi e il numero dei set da ricreare (Pinewood Studios di Londra e Giamaica) per un progetto nuovo e potenzialmente rischioso. Se all'epoca la predilezione narrativa per le unità aristoteliche rappresentò un vantaggio inequivocabile a sessant'anni dalla sua uscita l'unità di tempo, spazio e azione sembra piuttosto un limite perché rende la narrazione più statica. Il film di Young a contrario mantiene inalterato il proprio fascino iconografico. L'immortale motivo di Monty Norman, la sequenza Gun Barrell di Maurice Binder, i titoli rivelatori del contenuto della trama, la capacità dell'Agente 007 di sedurre il pubblico femminile quanto quello maschile rimangono oggetto di studio e ammirazione.
Onestamente non lo considero un capolavo. Un confronto più lungo tra Bond e il Dr. No avrebbe permesso di conoscere maggiormente il villain e conferire maggior spessore ai due contendenti. Allo stesso modo si poteva ricavare dalla sabbia di Crab Key un personaggio femminile che sembrasse più interessante di una semplice bagnante capitata nel luogo sbagliato al momento giusto. Detto questo non posso che riconoscere alla pellicola di Young il merito di aver creato un genere e di aver adoperato tutte le armi di seduzione per attrarre il pubblico in sala. Non ultima quella del dipinto del Duca di Wellington, la cui popolarità, all'epoca, era tale, in Inghilterra, da utilizzarne l'immagine nel film. La sua esposizione nel laboratorio/fortezza di "No" suggeriva, ironicamente, la responsabilità del perfido dottore nel furto avvenuto l'anno precedente. Roger Michel omaggerà 60 anni dopo "007. Licenza di uccidere" in "The duke" a dimostrazione che nel 1962 si era conclusa l'epoca di grande fama del dipinto di Goya mentre iniziava l'era folgorante di una grande icona cinematografica moderna.
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