Regia di Luchino Visconti vedi scheda film
Cento anni fa nasceva Marcello Mastroianni. La Rai opportunamente ci ripropone i suoi film. Fra tanti, questo – introvabile se non in streaming – mi commuove e mi stupisce ancora, forse per la straordinaria regia di Visconti, forse per la bellissima musica di Nino Rota…
Pur mantenendone l’intreccio, Visconti ambientò il film a Livorno* – non a San Pietroburgo – e gli conferì un certo carattere teatrale, tenendosi lontano dalla rappresentazione “neorealistica”, dalla quale volle esplicitamente scostarsi, interessato maggiormente a scavare nel profondo dell’animo dei personaggi, nei loro silenzi, nelle loro solitudini.
Il film è – come sappiamo dal fascinoso racconto di Dostoiewski pubblicato nel 1885 di cui il regista conservò titolo e soggetto** – la storia di un breve incontro fra un uomo e una donna, dal quale non nasce una storia d’amore, resa impossibile soprattutto dall’asimmetrico sentire dei due protagonisti, al di là degli accadimenti reali.
Mario (Marcello Mastroianni) è un impiegato da poco trasferito a Livorno: egli è così solo da suscitare la benevola solidarietà del suo capoufficio: una bella giornata con la famiglia di quest’ultimo; l’invito a rinnovare l’incontro; i saluti e, verso notte, il gironzolare a vuoto – seguito a una certa distanza da un emblematico cagnolino che gli si è affezionato e che rivedremo alla fine del film – fra portici e vicoli della vecchia Livorno.
Improvvisa e inattesa, quindi, la visione di una giovane e bella ragazza che – affacciata a un ponte – piange, importunata dai soliti giovinastri che ci provano…
Le lacrime non sono per loro: Natalia (Maria Schell), come vedremo, piange per amore, non avendo incontrato l’uomo che aspettava e che le aveva dato appuntamento su quel ponte un anno prima.
Era l’amante senza nome (Jean Marais ***) di cui era perdutamente innamorata. Era stato per pochi giorni l’inquilino della nonna e se n’era andato, lasciandole non solo qualche libro e il ricordo di una serata all’opera, ma soprattutto la memoria dell’amore profondo e ricambiato, e la promessa che di lì a un anno si sarebbero incontrati ancora alla stessa ora su quel ponte: sarebbe stato per sempre…
Mario l’avrebbe rivista ancora per tre sere, con la speranza di sostituire nel suo cuore lo sconosciuto amante. La fede incrollabile di Natalia nel suo ritorno lo impediva, nonostante qualche timido e apparente cedimento poiché le reciproche confidenze e il clima meno sospettoso gli avevano fatto sperare ingenuamente che lei ne avrebbe infine apprezzato la bontà disinteressata e sincera.
Altro, tuttavia, è l’amore, fede totale che cambia la vita e la visione del mondo, che, persino nelle bianche e gelide notti nevose di Livorno, non fa sentire il freddo quando la presenza tanto desiderata riappare, suscitando nel cuore l’inconfondibile calore della vita stessa…
Così come nelle gelide notti bianche di San Pietroburgo
.
Il racconto di Dostoiewski ispirò le opere di molti registi cinematografici prima e dopo Luchino Visconti.
Dopo di lui ricordo almeno Robert Bresson: Quattro notti di un sognatore (1971) e James Gray: Two Lovers (2008).
* Gli esterni del film (strade, viottoli, portici, piazze, ponti, piccoli corsi d’acqua…) furono ricostruiti (per opera Mario Chiari e Mario Garbuglia) e girati come gli interni a Cinecittà.
** Suso Cecchi D’Amico ne fu co-soggettista e co-sceneggiatrice.
*** doppiato da Giorgio Albertazzi
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