Regia di Luchino Visconti vedi scheda film
In una serata fredda e brumosa, nei vicoli di Livorno, Mario (Marcello Mastroianni) allontana due ragazzi che stanno importunando la sola e impaurita Natalie (Maria Shell). Questa circostanza li fa conoscere. Poi per tre sere consecutive si incontrano per condividere le rispettive solitudini. Tra i due sta per nascere l’amore ma Natalie è in perenne attesa dell’uomo (Jean Marais) di cui è perdutamente innamorata. E’ per lui che Natalie si porta ogni sera fino a un punto preciso della città, sempre lo stesso, quello in cui l’anno prima si erano allontanati ripromettendosi di rincontrarsi per continuare ad essere amanti per sempre.
Dal romanzo breve “Le notti bianche” di Fedor Dostojeskij, calibratissima trasposizione cinematografica di Luchino Visconti, capace di ricreare con eleganta essenzialità stilistica l’atmosfera di fredda misteriosità che aleggia intorno alla storia di Mario e Natalie, due cuori solitari persi nei dedali di una città notturna e piovosa, teatro ideale di una tormentata ricognizione dei ricordi. La tenera carezza di uno sguardo contro il fantasma dell’amore di una vita, la limpida transitorietà del presente contro la forza prorompente di un passato sgombro di nubi. I percorsi dell’amore possono essere strani e irti di difficoltà. Possono essere dolci o crudeli, felici o tristi, condurre fino al punto esatto in cui si ritorna a vivere o al termine di un sogno a occhi aperti. Ottenebrare i sensi o chiarire la programmaticità di un inganno. Natalie è stretta in una morsa delle passioni difficile da superare, prigioniera in una città che ha le forme dei suoi ricordi più cari e che la costringe a condurre sempre oltre un attesa pregna di speranza. Mario la segue con gli occhi, rapito dalla sua ingenua enigmaticità, attende un cenno che gli indichi la strada da fare, che chiarisca definitivamente i contorni di un illusione e il peso emotivo di un assenza. Un melodramma sottratto alla necessità di evidenziare la tragica corrosività delle passioni insomma, superbamente delineato attraverso i silenzi dell’animo, retto sulle intense interpretazioni di Mastroianni e della Schell e perfettamente incassonato in una città costruita su misura dei misteri del cuore (merito anche della fotografia di Giuseppe Rotunno). Davvero straordinaria la ricostruzione scenografica in un teatro di posa della città di Livorno (di Mario Chiari e Mario Garbuglia), emblema della cesura che Luchino Visconti operò rispetto al “movimento” neorealista. "Ho realizzato "Le notti bianche"perchè sono convinto della necessità di battere una strada ben diversa da quella che il cinema italiano sta oggi percorrendo. Mi è sembrato ,cioè, che il neorealismo italiano fosse diventato in questi ultimi tempi una formula trasformata in condanna. Con "Le notti bianche" ho voluto dimostrare che certi confini erano valicabili, senza per questo rinnegare niente. Il mio ultimo film è stato realizzato interamente in teatro di posa, in un quartiere che arieggia Livorno, ma senza troppa fedeltà. Anche attraverso la scenografia ho voluto raggiungere non un atmosfera di irrealtà, ma una realtà ricreata, mediata, rielaborata. Ho voluto, cioè, operare un netto distacco tra la realtà documentata, precisa, proponendomo una decisa rottura con il carattere abituale del cinema italiano di oggi. Io spero soprattutto di aver aperto, con questo film, una porta ai giovani registi italiani che si stanno affermando". Le parole di un maestro di cinema.
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