Regia di Carmine Gallone vedi scheda film
Durante la Resistenza un giovane di buona famiglia si nasconde in una grotta. Qui viene a fargli visita una ragazza popolana, per portargli da mangiare, e lui la seduce. A guerra conclusa il ragazzo non riconosce il figlio avuto dalla popolana, per sposare invece una donna aristocratica. Ma il destino riavvicinerà i due amanti del tempo di guerra.
I film sentimentali sono sempre stati uno dei cavalli di battaglia di Carmine Gallone, secondi nelle sue preferenze solamente a quelli musicali; questo Il canto della vita unisce una storia lacrimevole – ma a lieto fine, inaspettatamente – a esigenze del tutto contemporanee di verismo, in linea con gli argomenti del coevo neorealismo. Sebbene questa pellicola si situi ad anni luce di distanza da tale filone cinematografico, non se ne possono riconoscere comunque i pregi: si tratta in effetti di un film ben costruito (la sceneggiatura è firmata dal regista insieme a Gherardo Gherardi) e messo in scena con discreta attenzione, come d’altronde l’ormai ultratrentennale esperienza dietro la macchina da presa permetteva di fare a Gallone. Fra gli interpreti ci sono poi grossi nomi del calibro di Alida Valli, Carlo Ninchi, Maria Mercader, Mario Pisu e Luigi Almirante, oltre al semisconosciuto, ma efficace Roberto Bruni, che avrà una lunga carriera negli sceneggiati Rai. Il risultato è dunque accettabilissimo, per quanto la trama evidenzi limiti di pavidità da parte degli autori, intenti più a ricercare un facile consenso popolare che a lasciare traccia di sé nella settima arte. 4,5/10.
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