Regia di Jean-Pierre Melville vedi scheda film
Non penso certo di poter dire qualcosa di nuovo su questo film che, fin dal titolo originale, non lascia troppo spazio a fantasiose interpretazioni. Il protagonista è un samurai, con un'etica ferrea ed un proprio rituale da rispettare scrupolosamente. Il freddo professionista del film vacilla soltanto un attimo, quando, compiuto l'omicidio per il quale è stato pagato (almeno in parte), viene riconosciuto da una pianista di un night club, la quale, però, rifiuta di dire alla polizia che ha visto Costello sul luogo del delitto. Sarà il fascino dell'arte? Fatto sta che il samurai porta a termine i lavori che gli vengono affidati, oppure paga con la vita per l'inadempimento. Così si spiega il gesto finale, che corrisponde alla lettera con il rituale seppuku dei samurai giapponesi. Anche lo stile filmico di Melville si adegua alla materia di derivazione nipponica: la prima parola del film è pronunciata dopo circa nove minuti e mezzo; scorrono sullo schermo lunghe sequenze senza che i protagonisti dicano una parola, non essendovi un dialogo più del necessario (e molto spesso, invece, la verbosità è un difetto che affligge il cinema francese); i personaggi - in particolare il protagonista - si muovono a scatto come nel teatro kabuki; la macchina da presa segue i personaggi con molti movimenti, sulla scia di Mizoguchi. Un buon film. Voto: 7.
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