Regia di Jesse Holland, Andy Mitton vedi scheda film
Dramma dal tragico epilogo, destinato a segnare duramente l'animo sensibile dell'angosciato -e predestinato- protagonista alla ricerca disperata di una prova che sia valida testimonianza dell'Aldilà. Ricerca che conduce, senza via di fuga, all'inevitabile bivio dove la Morte incrocia la Vita.
Miles (Clark Freeman) è ossessionato da un sogno ricorrente, nel quale perde la vita a causa di un incidente automobilistico. Forse è solo il riflesso delle sue paure, del terrore -al limite del patologico- di morire che gli impedisce di prendere un aereo o di guidare una macchina. Convinto che per ciascuno di noi un asteroide (in senso metaforico un fatale incidente o malattia) sia in rotta di collisione imminente, decide di scoprire se davvero il limite di tutto sta in questo breve passaggio terreno. Pubblica un annuncio offrendo 30.000 dollari a chi può fornire prova concreta che dopo la morte c'è qualcos'altro. Seguito dalla scettica madre, Miles fa la conoscenza di diverse persone trovando solo nella medium Josephina (Giovanna Zacarías) una labile prova. Finché un giorno riceve un messaggio sul telefono, con un riferimento ad un episodio personale che nessuno può conoscere. Si reca all'incontro con il mittente, Nelson (Jay Dunn), e questa volta la sua curiosità viene premiata: Nelson infatti lo conduce in una baracca, dove giace il suo corpo privo di vita. Da questo momento, lo spirito di Nelson perseguita senza sosta Miles, alla ricerca di una vendetta che può compiere solo chi ancora in vita.
Guardando We go on viene in mente per associazione, pur con le tante differenze e i necessari distinguo, il Fulci de Le porte del silenzio per un approccio al tema spirituale decisamente maturo e personale. L'ottimo protagonista (Clark Freeman) trasmette un costante senso di inquietudine generato da una vera e propria tanatofobia, ovvero la paura della morte, che scopriremo essere più che motivata (fors'anche genetica, visto il precedente suicidio del padre). La sensazione di precarietà, ben enunciata a livello generale nel discorso sull'imminenza di un probabile impatto con un asteroide, scende nel particolare con le successive visioni che il protagonista è poi costretto a subire. Visioni tanto spaventose che, pur di non subirne più gli effetti, tenta di non battere più le palpebre: unico sistema che gli permette di non vedere lo spettro di Nelson.
Frutto della cooperazione tra Jesse Holland e Andy Mitton (quest'ultimo, l'anno seguente, al lavoro -assieme all'aiuto regista Marco Bargellini- sul raffinato The witch in the window), We go on più che offrire spaventi a buon mercato cerca, con drammatico sfondo, di dare risposte agli eterni e insolvibili enigmi dell'esistenza. Lo fa con taglio probabilistico, dando per certo che dopo la vita qualcosa del nostro essere umano rimanga legato alle persone care. Si può ovviamente sorridere di questo, nonostante i molteplici casi a favore (non dimostrabili né replicabili in laboratorio). Di certo l'idea che qualcosa o qualcuno -in momenti critici- ci stia vicino, aiutandoci a fare le scelte migliori, risolleva i nostri pensieri verso obiettivi e aspirazioni positive. Fosse anche solo un'illusione, un ameno inganno dovuto alla più ingenua credulità, ci aiuta a sopportare meglio il duro cammino -e i tanti imprevedibili ostacoli- lungo quell'imperscrutabile tragitto che chiamiamo vita.
"Forse prima di morire, è il tuo fantasma che vedi." (Lauren Oliver)
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