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The Solitude

Regia di Jorge Thielen Armand vedi scheda film

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La recensione su The Solitude

di OGM
6 stelle

Solitudine. Il nome di un luogo che non vuole sparire.

La solitudine è il retaggio di un posto bellissimo. È quel che rimane quando il ricordo si incrosta di povertà ed abbandono, e la gloria di un tempo si è sfaldata in dolore. L’intonaco si macchia e sfarina. Il vuoto lasciato dalla  ricchezza di ieri è stato riempito di roba da poco, senza cura, ammassata alla rinfusa come spesso succede con i casi della vita. In quella villa in declino, la continuità si sarebbe spezzata, l’oblio avrebbe preso il sopravvento,  se non fosse che Negro e sua nonna sono ancora lì. Occupano con le loro esistenze spazi che altrimenti non avrebbero più senso, sarebbero da vendere, rifare, magari distruggere per aprire un discorso tutto nuovo. Restare significa resistere. È l’agonia che cerca  di dilatare  il presente verso un futuro possibile, mentre i giorni arrancano, sorretti dal bastone di un passato da cartolina. Questo film fotografa un Venezuela segreto e disperato, in cui il disagio è un’evidenza per la quale non si trova una valida ragione. Una generazione è cresciuta insieme alla rovina economica, in un mondo crollato di cui non si vogliono abbandonare le macerie, perché è lì dentro che sono state scritte le parole importanti, quelle che forse potrebbero spiegare tutto. Intanto si lascia che il tempo trascorra, nella speranza che la sua onda porti, prima o poi, qualcosa di valido e utile. L’ideale, per Negro, sarebbe poter tornare indietro. Ristrutturare la vecchia casa di famiglia, per rivederla come quando, da bambino, giocava con gli amici nel parco. Il sogno,  pur se consumato dalle vicende quotidiane, deve essere inciso da qualche parte, in mezzo ai segnacci che coprono i muri, i soffitti, le superfici dei mobili. Forse basta un po’ di impegno per farlo emergere. E la necessaria premessa è l’assoluta devozione al luogo. Negro non concepisce una felicità disgiunta dal senso di fedeltà, dall’attaccamento a ciò che era ed ancora dovrà essere. La sua giovanile ribellione è andare contro la logica della fuga, dell’emigrazione, dell’inseguimento delle opportunità che sono sempre altrove, delle tentazioni che  chiamano al tradimento delle proprie radici. Il trascinato realismo di questo film è la languida noia di una cocciutaggine priva di senso, malamente amalgamata ad una nostalgia troppo acerba per avere una forma precisa. La storia si aggira smarrita, mentre continuamente si incaglia nell’incapacità di fare piazza pulita di tutto ciò che sembra diventato inutile. E così rimane quasi immobile, ancorata alla sua triste vanità, mentre ci invita a farle compagnia, e a crederci – per quanto possibile - un po’ anche noi. 

 

scena

La Soledad (2016): scena

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