Regia di Francesco Carrozzini vedi scheda film
Caos e creazione: la verità è dove non ci piace guardare. Si nasconde dentro le stonature della bellezza che combatte, soffre e non trova pace.
Franca, addosso, ha pochi colori. È minuta, pallida e bionda come un’apparizione sbiadita. Solo il suo sguardo è pieno di una luce fredda e curiosa, pungente come il ghiaccio ed accesa di adorazione per qualcosa di non definito. I suoi occhi vedono attraverso la patina lucida del glamour, e colgono tutto il brutto che c’è sotto. Le immagini di Vogue – la rivista di cui da 28 anni dirige l’edizione italiana – vestono di abiti griffati i retroscena dolenti e urlanti della nostra realtà. Le sue mannequin sono i mali del mondo, le donne picchiate, segregate, escluse, gli uccelli annegati nel petrolio, le cose che sono tanto vere quanto incomprensibili. Gli scatti dei suoi fotografi usano l’arte per il commercio, ma in un modo che trafigge il cuore. La fugace impressione dell’istante diventa così una lama affilata, che passa l’anima da parte a parte, perché Franca lo sa, che ciò che non fa piangere non serve a niente. Per parlare, anche del nulla, ci vogliono le idee ed il coraggio. Senza di questi il discorso è vuoto. E per mezzo di essi, anche la fatuità acquista lo spessore di un pensiero, la profondità di un’autentica emozione. Questo film – girato da Francesco Carrozzini, figlio trentenne della protagonista – riassume quei flash in una successione di ricordi che riescono ancora, a distanza di anni, a sparare sul presente il loro lancinante contenuto di irriverenza, contraddizioni, di voglia di fare scandalo usando la moda come una maschera trasgressiva e imbarazzante, grondante di lacrime e scomposta dai sussulti dell’angoscia. Il trucco si sovrappone alla verità per accentuarla, trasfigurandola nell’estatico brandello di un dramma: le pagine si sfogliano tra il fiammeggiare di tanti desideri inesauditi, troppo belli per rimanere inosservati, per non rendere meravigliosa anche la delusione. Il grande amore non è arrivato. I due matrimoni falliti di Franca sono il suo appiglio solido con la terra che brucia, e altre volte rimane invece avara e indifferente, e che, in ogni caso, ha bisogno di un tocco di genio, un lampo di sensibilità che educhi la sua voce sgraziata al canto della poesia. Franca non è la maestra: è la musa che ha il potere di evocare dal cielo la giusta magia, quella in grado di compiere il miracolo con un battito di palpebra, strappando al tempo i suoi impercettibili dettagli rivelatori. Un piccolo prodigio permette al momento mai visto di arrivare tra noi, e restarci per sempre. Una donna lo indica tacitamente, con il cenno ad un ardore sottinteso. I suoi uomini lo catturano, armati di obiettivi penetranti, e lo consegnano al mito. Sembrano i toni di un’epica fuori luogo, che sostituisce al clangore delle spade il frusciare della carta stampata. Sono i versi di una retorica antica che sfida il sensazionalismo di oggi con i suoi stessi eccessi. Quelli che vincono, facendosi cogliere, senza pudore, nell’attimo in cui vanno incontro alla morte.
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