Regia di Kasper Collin vedi scheda film
Le storie personali dei grandi protagonisti della musica jazz, così piene di amori, dipendenze, tragedie, riscosse e grande musica, meriterebbero di essere raccontate una ad una. Lee Morgan, trombettista prodigio scoperto giovanissimo da Dizzy Gillespie, si presta pienamente, suo malgrado, a una riduzione cinematografica. Collin sceglie un'altra strada, il documentario, dando uno splendido sguardo sulla sua breve vita, portata via da un colpo di pistola della moglie, Helen, proprio nel bel mezzo di una serata jazz a New York. Lo spunto glielo dà un nastro, una cassetta audio, che porta incisa l'unica intervista che la moglie rilasciò, nel 1996, un mese prima della morte. Sulle poche ma incisive parole di Helen, Collin va a ritroso, nella bellissima New York degli anni cinquanta e grazie a filmati e fotografie (semplicemente straordinarie), musica e testimonianze dei suoi compagni di sessions, ricostruisce la carriera di Morgan, caduto in disgrazia per la solita eroina e "salvato" dall'incontro con Helen, che ne diverrà il factotum fino, per paradosso, a prendersi anche la sua vita. Un bel viaggio, se si vuole un po' canonico, senza chissà quali trovate, ma ricchissimo di fascino, con un bianco e nero splendido, vecchi filmati a colori e, ovviamente, l'ottimo jazz di Morgan. Ascoltare, nel finale, il racconto di come andò, quella notte, allo Slug's di New York, in mezzo a una tormenta di neve, è puro Cinema: un finale di vita assurdo ma, a tanti anni di distanza, si può dire, in qualche modo, romantico. Quasi che Lee Morgan fosse Robert Johnson, fra gelosie, amori e tragedia. Bello, e non perdetevi "The Sidewinder", uno dei grandi dischi della storia del jazz. Di Lee Morgan, ovviamente.
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