Regia di Carlo Verdone vedi scheda film
Ottima commedia verdoniana, di ritmo, senza indulgere in banali sentimentalismi, o moralismi.
Conoscersi a vicenda per conoscere il meglio di se stessi. Gepy Fuxas e la disabile Arianna non potrebbero essere due persone più diverse, di due emisferi opposti. Lui è l'esatto archetipo del pescecane televisivo: cinico, morboso, egocentrico, al posto del cuore ha un pannello dei dati Auditel. Arianna è invece il prototipo della donna oggetto (e non soggetto) del suo greve show televisivo, un caso umano da consegnare al voyeurismo dello spettatore, e alla sua Schadenfreude. L'incontro-scontro televisivo fra i due porta il trauma del licenziamento nella vita di Gepy, ma è anche occasione di dialogo fra i due emisferi, così diversi eppure non così lontani. Il sarcasmo, seppur amarognolo, di Verdone al solito non pretende di fare polemica sociale: si limita a essere spaccato di un'Italia caciarona e crassa in cui il diverso non è una persona ma un problema o al più un ricettacolo di compassione. Fuxas è proiezione del filtro televisivo che impedisce alle persone di entrare nel dramma dei diversi e forse scoprire che non è tutto dramma e non è tutto problema: il filtro televisivo è lui stesso. Il licenziamento è un atto di liberazione da quella prigione catodica che lo faceva apparire più grasso, più vecchio, e anche meno umano di quello che è.
Diversamente da altri lavori di Verdone, non si respira qui quell'aria pessimistica di immutabilità delle cose e delle persone, i personaggi di inizio opera non sono quelli di fine opera. E' vero, Arianna non potrà più tornare a camminare: ma entrambi impareranno la lezione più importante della loro vita, accettarsi per quello che si è e non per quello che si potrebbe essere, o si poteva essere.
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