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Perdiamoci di vista

Regia di Carlo Verdone vedi scheda film

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La recensione su Perdiamoci di vista

di LorCio
8 stelle

All’interno del cinema di Carlo Verdone, Perdiamoci di vista vive di vita propria. Non è ascrivibile ad un genere ben preciso, perché non è del tutto una commedia e non è tantomeno un film drammatico, non è assolutamente un film di macchiette e non è una tragedia greca. Probabilmente non è neppure un film grottesco. Al centro della scena c’è il personaggio più patetico dell’universo verdoniano, il presentatore Gepy, star televisva che conduce un terribile programma in cui s’incrociano il Costanzo Show, Mezzogiorno italiano e Al posto tuo, la cui filosofia si può racchiudere nell’espressione “se calano gli ascolti, ci vuole la figa”. Nel corso della storia il personaggio compie anche una sorta di percorso di formazione che lo porta ad affrontare l’esistenza in maniera diversa, più lucida e meno disillusa. E questo cambio di rotta è motivato dall’irruzione di Arianna, paraplegica ribelle e completamente avulsa dalla pietosa immagine che la stessa televisione trasmette dei disabili. Le ambizioni di Perdiamoci di vista mirano alto: vuole essere una spietata critica contro le bugie e le crudeltà dei media; vuole essere il racconto di un’educazione sentimentale; vuole essere una limpida analisi dei rapporti di coppia tra due tipi, tutto sommato, emarginati (l’uno dal proprio ambiente, un po’ per scelta propria e un po’ per decisioni altrui; l’altra si è auto emarginata per carattere). E il risultato è buono.

 

Perché Verdone azzecca il tono giusto, camminando sul filo sottile dell’intimità, accarezzando le sequenze senza mai urlare, con un pudore estremo e una grazia che raramente aveva messo in pratica altrove (il suo capolavoro Compagni di scuola è a suo modo un film scatenato, e ha molti elementi in comune con Perdiamoci di vista, specie nell’amarezza di fondo). È un film più agro che dolce, qua tenero come la ricerca di un bagno per disabili sull’autostrada e là crudele come l’impossibilità di muovere le proprie gambe. Mai patetico, Verdone evita tutte le trappole del sentimentalismo becero e vola alto. Un film notevole, nonostante qualche errore (la parentesi estera, l’incontro con la sorella di Arianna), ottimamente sceneggiato assieme a Francesca Marciano, probabilmente il risultato più equilibrato, maturo e vitale di quel grande commediante che è Carlo Verdone. Tra l’altro ben calibrato nella recitazione, se si considera l’impeto arso di fuoco e d’amore di un’Asia Argento di potente energia. Cammeo spettacolare di Aldo Maccione.

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