Regia di John Glen vedi scheda film
Tredicesimo della serie ufficiale e sesto con Moore "Octopussy" rappresenta contemporaneamente il peggio ed il meglio di quello che la EON potesse concepire in quegli anni nell'universo bondiano ma andiamo con ordine.
L'avventura precedente doveva essere l'ultima con la partecipazione di Roger Moore che ormai ultracinquantenne cominciava a sentirsi un po’ in imbarazzo nel vestire i panni della super spia con licenza di uccidere, fu lui stesso a consigliare a Broccoli e soci di selezionare un nuovo attore per il film successivo ma un fatto di non poco conto fece sbilanciare l’ago nuovamente in direzione di Moore: Kevin McLory reduce dalla vittoriosa causa sui diritti di produzione riguardanti “Thunderball” annunciò alla stampa l’intenzione di voler realizzare la sua versione di 007 per il cinema in quella che sui tabloid nell’estate del 1983 sarebbe diventata “The battle of Bond”, già perché proprio nell’arco del quadrimestre conclusivo di quell’anno sarebbero usciti nelle sale “Never say never” appunto il remake di “Thunderball” e “Octopussy” tratto molto liberamente da una storia breve firmata da Ian Fleming ed intitolata “The proprety of a lady”, frase che appare anche scritta nel fascicolo che viene consegnato a Bond prima del suo intervento all’asta londinese.
La EON cominciò in fretta e furia la selezione per il nuovo James Bond, uno degli audizionati fu James Brolin come visibile in un curioso provino ma l’annuncio che il protagonista di “Never say never” sarebbe stato Sean Connery contravvenendo alla frase che ironicamente aveva dato lo spunto per il titolo dell film fece crollare ogni indugio su chi avrebbe obbligatoriamente interpretato Bond in “Octopussy”, Moore venne richiamato in fretta e furia proprio perché solo lui, che aveva interpretato più o meno lo stesso numero di pellicole ufficiali dell’amatissimo e mai dimenticato Connery, poteva competere con il suo amico fraterno in questa inusuale contesa sul mercato cinematografico senza precedenti per l’universo bondiano. Moore senza indugi accettò e nonostante sia alquanto invecchiato e arrugginito nei movimenti la sua prova è a mio avviso molto buona, oscilla con leggerezza fra il Bond scanzonato ed ironico e quello più cinico ed emotivamente coinvolto che avevamo apprezzato in “Solo per i tuoi occhi” per questo motivo non butto la croce addosso ne all’attore ne alla EON che si vide quasi costretta a riproporlo: da un lato per lo splendido rapporto professionale che intercorse con Moore nell’arco di un decennio e dall’altro per la minaccia di venire sconfitti al botteghino dal ritorno di Connery ma è chiaro che un James Bond ultracinquantenne rischia di essere ridicolo ed attaccabile su tutti i fronti ed è per questo che molti criticano questo film come ed anche di più il successivo in cui sia la EON che Moore non hanno scusanti.
La regia fu affidata nuovamente a John Glenn visti gli ottimi risultati ottenuti nel precedente film della serie e confermati egregiamente anche in “Octopussy” che è un bel marchingegno da intrattenimento per grandi e piccini in cui convivono alla perfezione pregi e difetti di una sceneggiatura in cui a volte le inverosimiglianze suonano stonate anche in un film di James Bond affine ad assurdità prese per buone da pubblico e realizzatori in nome dello spettacolo; la matrice bondiana viene contaminata come già avvenuto nell’era Moore da un film di successo di quel periodo: “Live and let die” assorbiva atmosfere da black explotation, “L’uomo dalla pistola d’oro” strizzava l’occhio ai film di Bruce Lee, “Moonraker” cercava di sfruttare la scia del successo di “Star Wars”, Octopussy è debitore per ambientazione e situazioni delle avventure di Indiana Jones che plagerà smaccatamente la scena del pranzo nella reggia di Kamal Khan in cui vengono propinati cibi esotici come scarafaggi e minestre con bulbi oculari nella seconda avventura dell’archeologo più famoso del cinema, dopo una partenza spettacolare completamente astrusa dal resto dalla storia in cui Bond fa saltare per aria un insediamento militare cubano scopriamo il personaggio di 009 mascherato da clown che viene trovato morto con un uovo Fabergé fra le mani, proprio da questo frammento di indagine Bond inizia la sua avventura che lo porterà in India e Germania Est ad indagare su un traffico di preziosi ad opera dell’infimo Kamal Kahn che in realtà serve da copertura al piano criminoso di Orlov un invasato generale russo che vuole scatenare la terza guerra mondiale piazzando un ordigno nucleare in un circo nella serata in cui sono invitati importanti membri dell’esercito americano.
La trama è molto ben architettata ed il film risulta piacevole e denso di colpi di scena e belle trovate, ma dovendolo analizzare con oculatezza è come già scritto un continuo alternarsi di belle intuizioni e cadute di tono di tutti i generi: l’inizio con il mini caccia è tanto spettacolare quanto è ridicola ed incomprensibile l’azione di salvataggio finale in cui Bond si aggrappa al tettuccio dell’aereo dove è tenuta prigioniera Octopussy, il McGuffin dell’uovo Fabergé è interessante ma c’è un buco della trama che non molti hanno rilevato poiché Bond inserisce la microspia in quello originale e non la sua copia ma quando Kamal Kahn manda in frantumi la copia la microspia è al suo interno, le sequenze in india sono belle e cariche di adrenalina ma vengono imbruttite dalle continue buffonate volute dai produttori tipo Bond che urla come Tarzan appeso ad una liana o la gente che muove la testa come ad una partita di tennis nell’inseguimento per le vie di Bombay, l’inseguimento sul treno in Germania Est è davvero ben fatto tanto che ci fu un brutto incidente capitato alla controfigura di Moore che appeso sulla fiancata di un vagone urtò violentemente una colonnina di cemento maciullandosi una gamba e riuscì a salvarsi rimanendo aggrappato con la forza degli arti superiori, la sequenza del circo di hitchkockiana memoria con Bond travestito da clown che cerca di mettere in allarme i presenti è secondo me una ottima trovata per la suspance che riesce a generare ma molti fans non gradiscono il travestimento di Bond e lo considerano il simbolo di questo film da molti bollato come una buffonata bella e buona, meravigliose le bond girls entrambi svedesi, Maud Adams ritorna per la seconda volta ed ha un ruolo più esteso e rilevante che in “L’uomo dalla pistola d’oro” e mi piace il fatto che venga riesumata una vecchia missione di Bond mai raccontata in cui si è trovato a contatto con il padre di Octopussy, prima ed unica apparizione invece per quell’autentico pezzo di gnocca a 24 carati di Kristina Wayborn che fa esclamare a Bond durante l’asta ”Quella è un signora!” per non parlare di quando si cala dal terrazzino svolgendo il suo velo rosa e mostrando un fisico da venere bionda, questa è forse la mia scena preferita e Kristina è nella mia top ten delle Bond girl di sempre, viscido al punto giusto il Kamal Khan di Louis Jourdan anche se non così intimidatorio, appropriato lo scagnozzo erculeo Gobinda incarnato dal grande Kabir Bedi, assolutamente folle e apprezzabile il generale Orlov interpretato dal solito straripante Stephen Berkov, non particolarmente bondiana “All time high” cantata da Rita Coolidge ma comunque molto bella adagiata com’è sulle magiche note di John Barry.
“Octopussy” è quindi a mio avviso una entrata più che soddisfacente nella serie, è puro intrattenimento e non ha i difetti enormi di “Moonraker” e del successivo improponibile “A view to a kill”.
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