Regia di Martina Parenti, Massimo D'Anolfi vedi scheda film
VENEZIA 73 - CONCORSO
Cosa lega l'attrice Marina Vlady che legge Borges, un ricercatore giapponese che studia una specie di medusa che si rigenera da sola, l'associazione che da oltre 600 anni mantiene in vita e rinnova costantemente una struttura in perenne metamorfosi di rinnovamento come il Duomo di Milano; un paio di musicisti inventori di uno strumento a percussione che tenda alla perfezione del suono emesso; gli indiani nativi d'America nelle loro lotte per l'indipendenza e la rivendicazione della propria etnia come meritevole di una autonomia ufficialmente riconosciuta?
E il concetto di immortalità incentrato sulla formula matematica suggerita dalla "spirale meravigliosa", a cui si ispirano tutte ueste vicende?
Francamente non riusciamo, da profani, a capirlo molto chiaramente.
Compito di un autore, che per tale occasione non si prodiga unicamente a produrre nuova materia, in immagini e girato, ma anche e soprattutto a rielaborare materiale di repertorio, sarebbe quello di indurci la via per arrivare a farci comprendere.
E ciò anche senza l'ausilio di un invasivo io narrante costante che ci semplifichi il percorso come fossimo di fronte ad una puntata di Quark.
Probabilmente i due autori, D'Anolfi e Parenti il problema se lo sono posti, se in sala circolavano pure eleganti brochures in testo inglese con alcune raffigurazioni e qualche traccia per facilitare un approccio a volte suggestivo, per carità, altre volte forte di immagini potenti, ma nel suo complesso davvero poco percorribile.
Se si pensa poi che un film del genere, tutto fuorché un prodotto destinato a far cassa, dovrebbe tendere a guadagnarsi il consenso di un pubblico che vi accede perché interessato alle argomentazioni trattate, allora l'esodo biblico di una sala festivaliera strapiena, con afflusso di pubblico accorso in massa a prender parte alla visione della pellicola, ma fuggito via per quasi i 3/4 con una continuità da emorragia, tali mie perplessità evidentemente si sono dimostrate un sentimento avvertibile in capo a molti.
Forse sarebbe tutto più facile lasciandosi un pò andare liberandoci di preconcetti e facendoci prendere dalle emozioni che scaturiscono da questo accostamento di immagini, situazoni e sperimentazioni riprese e/o catturate dai due registi.
Ma due ore di immagini, a volte certo davvero belle, apparentemente assemblate in modo indefinito, e di suoni battenti di percussioni sofisticate costruite appositamente a scopo di dimostrazione scientifica, ci lasciano, almeno dopo una prima non facile visione, piuttosto perplessi, come spettatori interdetti a cui non è stato spiegato qualcosa di fondamentale per riuscire ad apprezzare un'opera tutt'altro che banale, tutt'altro che costruita in modo fortuito e casuale mescolando quattro studi scientifici o documentaristici ed una voce narrante in sottofondo.
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